mercoledì 2 novembre 2011

L’Hamlice di Punzo rovescia l’Olimpico: è la festa dell’impossibile

“ Il teatro può trasformare luoghi e istituzioni”, è da un po’ di tempo che Armando Punzo lo ripete e ogni volta sempre con più vigore.
Certo quando il regista parla di luogo e di istituzione si riferisce al carcere di Volterra e al teatro che la Compagnia della Fortezza da 23 anni svolge all’interno della prigione medicea, ma il 28 ottobre di quest’anno la Compagnia si è spostata in un’altra “fortezza” rinascimentale: il teatro Olimpico di Vicenza. L’austero monumento progettato da Andrea Palladio, per riformare il teatro, ha accolto gli attori-detenuti di Volterra con lo spettacolo Hamlice-saggio sulla fine di una civiltà. E allora, forse è evidente, entrambi gli artisti a più di 400 anni di distanza sono motivati dalla stessa esigenza: costruire una città ideale.


Ma Armando Punzo e i suoi fanno esplodere la perfezione e la proporzione della bellezza immaginata dai maestri architetti cinquecenteschi e fanno letteralmente rivivere la prospettiva impolverata. Nello spettacolo della Fortezza i dubbi amletici si mescolano con la freschezza e l’anarchia del mondo di Alice: drag queens e Bianconiglio assediano il proscenio palladiano per gridare ancora una volta “Addio non-essere!” è la rivolta delle parole. I personaggi (forse mostruosi) vogliono riappropriarsi del proprio destino, prendere in mano la loro vita e portarla in un’altra direzione. Amleto non ha più dubbi, si cercano altre parole, altri modi e altri mondi.

In una versione completamente riadattata per dialogare con il teatro Olimpico, la scenografia viene dimezzata e gli attori su stivali di vernice nera e bianca con zeppe e tacchi vertiginosi si muovono tra proscenio e sala, si siedono accanto al pubblico e lo fissano negli occhi sfidandolo ad abbassare per primo lo sguardo.
Sarebbe stato facilissimo farsi inghiottire da quel luogo carico di storia e invece Armando Punzo, come sempre, riesce a trasformare la diversità in ricchezza. È letteralmente impossibile annoiarsi quando in scena c’è “il genio creativo di Punzo”(cito Franco Quadri). Non sono mai riuscita a vedere due repliche uguali dello stesso spettacolo. Ma sia che Hamlice venga rappresentato nei cunicoli del Carcere o tra i palchetti di un teatro all’italiana o nello spazio immenso dell’Hangar Bicocca di Milano o a ridosso della scenografia maestosa del teatro Olimpico di Vicenza, probabilmente ha ragione Massimo Marino: “Hamlice è lo spettacolo più denso, più faticoso, più bello mai visto da molto tempo. Una festa degli occhi, una commozione dell’anima, un’apertura infinita contro un mondo che serra”.

Il pubblico composto dell’Olimpico si lascia travolgere dalla forza degli attori, dall’esuberanza delle loro movenze e alla fine è una festa: le statue sembrano ballare al suon di disco e le lettere volano da una parte all’altra del teatro. Per un attimo il cuore viene investito dalla percezione che forse quegli artisti scalmanati non hanno tutti i torti: siamo artefici del nostro destino e possiamo cambiarlo. Poi solo applausi.

Le foto sono di Carlo Gattai e di Massimo Marino.

Josella Calantropo

Nessun commento:

Posta un commento