giovedì 29 marzo 2012

Dentro le prove di Magnifico Teatrino Errante. Verso "Anche l'occhio vuole"

Come un pinguino a primavera: Il Magnifico Teatrino Errante rompe gli schemi per stravolgere la quotidianeità.
Miao! Bzz... zzzz... Ciaf! Psss... Ciaf! Eh eh eh... Ciuuf!
Cosa ci fa un pinguino a  primavera in un catafalco di gente viva, una processione di infedeli in un orchestra di schiocchi, un scarpa volante e un bersaglio mancato?
La primavera guarda stupefatta il Magnifico Teatrino Errante a lavoro dal 2008: una compagnia teatrale composta da attori disabili e non, che si impossessa della  voglia di “errare” i giorni della part tot bolognese dello scorso anno, senza più fermarsi.

foto di Valeria Di Sciullo

Un nuovo “work in progress” per una nuova produzione: Anche l'occhio vuole è il quarto spettacolo della giovane compagnia, dopo Laterra libera tutti (2008), Il ritmo della Terra (2009) e Senza vento (2010).
Una decina di ragazzi, ognuno con una propria realtà. Di giorno si cimentano con lavori manuali in qualche cooperativa del posto. E un pomeriggio a settimana le porte del teatro si aprono.

Valeria Nasci, regista della compagnia, Mariagrazia Bazzicalupo e gli attori non disabili, che svolgono un ruolo fondamentale nel gruppo, conducono l'infaticabile ciurma sull'isola che non c'è. Un viaggio in un posto lontano, dove la diversità non è data da un assetto genetico impazzito o da un incidente di percorso.
foto di Valeria Di Sciullo

Si mette in scena la loro creatività, attinta dall'esperienza, con un pizzico di brio.
“Noi non siamo i loro assistenti sociali, né dei volontari che li accudiscano. Pietà e pena qui non esistono. Sono qui per fare teatro”- tiene a precisare la regista. Valeria Nasci adopera il suo sguardo artistico per parlare inevitabilmente delle differenti abilità e evidenziare che non sono più interessanti le une o le altre.
Chiuse le tende della sala messa a diposizione dall'Associazione Oltre, nel Quartiere San Donato.
La magia ha inizio!
È un lavoro di squadra e di intesa quello dei Magnifici Erranti. Si cercano, si respingono, si rincorrono.

Un laboratorio a forma di abbraccio che rafforza le debolezze, disintegra le incertezze.
In cerchio invocano solidarietà e solidità. Valeria e Maria Grazia stuzzicano la loro fantasia con gorgheggi, sussulti di voci, singhiozzi, suoni gutturali, nasali.

foto di Valeria Di Sciullo

E poi corsette, improvvisazioni, training, contatto di corpi e la danza coi piedi scalzi!
Come sono i piedi? Profumati!
Imparano a fidarsi l'un l'altro, a fidarsi di loro stessi. A stare in scena.
La timidezza pian piano si fa da parte; lascia spazio alla persona che diventa personaggio.

Il buio nasce nel 1929. É entrato in me nel 1976. Sai che hanno è? L'anno della mia venuta al mondo. I medici erano convinti che non avrei mai camminato, né suonato. Io invece cammino e suono. 
Un copione attinto, in parte, dal vissuto dei ragazzi, il resto è scritto dalle insegnanti.
La musica accompagna il duro lavoro, dà carica!
E poi un urlo, all'unisono. Più forte della discriminazione, più forte della paura di sbagliare.
Più forte dei forti.
Lei (Valeria) è la luce e ci ha riportato al mondo – recita Marcello.
E poi l'annuncio dei ruoli. Mercoledì prossimo il copione. Cosa sarà?

foto di Valeria Di Sciullo
Angela Sciavilla

lunedì 26 marzo 2012

Speciale "Caino": focus sul Teatro Valdoca

PRESENTAZIONE DELLO SPETTACOLO

Caino: la radice violenta e attiva di ognuno
di Carolina Ciccarelli

Il 28 e il 29 marzo, pressol'Arena del Sole, il centro La Soffitta presenterà le ultime repliche italiane dello spettacolo

Caino è noi. Caino è il male che attraversa l'umanità. Caino è anche l'uomo della tecnologia, il primo ad aver fondato una città e ad aver iniziato a lavorare il metallo. È il male, la solitudine del male che, oggi, noi possiamo profondamente capire. Gli siamo vicini, indirettamente e inconsapevolmente, siamo suoi fedeli compagni. Viaggiamo verso la sua stessa direzione. Fratricida per invidia, Caino è colui che fa. Produce, lavora, costruisce, si ingegna.


Qualunque gesto attivo ha una radice violenta, dice Mariangela Gualtieri. Noi siamo degni eredi di questa radice. Da quella nasciamo e a quello si ricollegano i nostri rami, consapevoli che siamo nati per agire.

Temi inafferrabili quelli della storia dei figli di Adamo ed Eva. Tanto che il processo di scrittura della drammaturgia poetica è durato ben tre anni, fino al debutto alle Fonderie Limone di Mocalieri per la Stagione del Teatro Stabile di Torino il 13 gennaio 2011.

Un viaggio nella parte buia che è dentro ognuno di noi, quella parte autodistruttiva che ci fa dimenticare il nostro prossimo, il nostro fratello muto, l' Abele che ci è di fianco.

Le immagini create dalla mano registica di Cesare Ronconi, fedele compagno d'arte della Gualtieri, aggiungono concretezza alle parole che la poetessa - che in questo spettacolo torna sulla scena nei panni di un angelo e di una mendicante - ha consegnato alla profonda voce di Danio Manfredini. Tra gli altri interpreti, la giovane promessa Leonardo Delogu, la splendida danzatrice Raffaella Giordano e Giacomo Garaffoni. Susanna Dimitri, Sara Leghissa, Isabella Macchi, Silvia Mai, Daria Menichetti, Mila Vanzini formano il coro tragico e muto che assiste, accompagna e partecipa alle azioni dei protagonisti. La musica è suonata dal vivo da Enrico Malatesta e da Alice Berni, i cui suoni, tra percussioni ed elettronica, riuniscono quel senso di primitivo e di contemporaneo racchiuso nel primo figlio dell'uomo.


RITRATTO D'ARTISTA

La drammaturgia poetica di Mariangela Gualtieri
di Carolina Ciccarelli

In un periodo in cui la parola viene privata del suo peso, svuotata della sua essenza vitale e la poesia sa di qualcosa che appartiene a un passato letterario, noi, oggi, abbiamo la parola poetica di Mariangela Gualtieri.


Cesenate, classe 1951, è fondatrice, insieme a Cesare Ronconi, del Teatro Valdoca, di cui è drammaturga anche se, prima di tutto, è una poetessa. Una di quelle che ama follemente la parola. Che sia detta in teatro o che sia scritta sulla carta, l'importante è che sappia essere portatrice di una carica esplosiva. Scoccata come una freccia, la parola poetica deve colpire. Il cuore, la mente, l'istinto, lo stomaco, il pensiero, non importa. Frutto di un'anima agitata dal mondo esterno, da cui riceve tormento e ispirazione, questa parola si riversa in quello stesso mondo, spinta dalla necessità di dire, urlare.
Non necessariamente ingabbiata nella metrica e nella forma, la parola è sciolta e fluida, scorre libera verso chi è pronto ad accoglierla. Specchio della sorgente poetica da cui sgorga, ne porta i pensieri, le sensazioni, gli stimoli, i traballamenti dell'animo dovuti a ciò che lo circonda.
È una poesia dell' Io. Lo ricerca, lo fa esprimere, lo fa delirare, lo fa confessare.
Intima, tanto da renderlo nudo e disarmato, quella parola poetica trova il suo spazio naturale nel teatro. Spesso accompagnata dalla musica dal vivo, la sua densità si rafforza e si completa con la regia di Cesare Ronconi. Le immagini che costruisce riflettono i suoni e i silenzi della partitura poetica, dilatandone il significato.
Duetti di forze gli spettacoli della Valdoca, di visione e di ascolto, di immagini e di parole, che catturano l'occhio e l'orecchio della platea, travolta da una mandria imbufalita di sensazioni, domande, risposte, emozioni, certezze, inquietudini, dubbi, dolori, gioie e tanto altro di indefinibile, intoccabile, impercettibile. Porta con quel senso di disorientamento e insieme di chiarezza che solo la poesia sa dare.
Mariangela Gualtieri ha pubblicato varie raccolte di versi, fra le quali le più recenti sono Senza polvere senza peso (Einaudi, 2006), Bestia di gioia (Einaudi 2010) e Caino (Einaudi 2010).
Queste ultime due raccolgono la drammaturgia poetica degli omonimi spettacoli che La Soffitta, in collaborazione con l'Arena del Sole, ospiterà negli ultimi giorni di marzo.