martedì 28 maggio 2013

Plankton for Banquo - primo studio al Teatro Tempio di Modena

Sangue che sgorga da ferite imputridite - sangue che sporca la terra - terra infettata dall’uomo. Questo il ciclo che anima Plankton for Banquo - primo studio, opera di Dante Manchisi che presenta al pubblico di EquoCentrico un’idea di spettacolo teatrale curiosa: il celebre fantasma shakespeariano  viaggia su un’astronave e abbandona un pianeta, la Terra, ormai alla fine.


Il fantasma di Banquo torna dal regno dei morti, dentro un sacco nero trainato da un mascherone antigas, mentre un tubo dalla galleria del TeTe – Teatro Tempio  guida un vociare sinistro, un rincorrersi di risolini e malizie: grazie a questa voce le tre streghe si raccontano, senza mai mostrarsi al pubblico, riportando pezzi del primo atto del Macbeth sussurrati, inframmezzati da risa. Con questo riflesso del passato, Banquo ritorna in scena. Cita attimi già vissuti e conosciuti, ride del terrore altrui, della morte altrui, ride di sè, del suo non-essere, si rassegna al suo essere stato. Alle sue spalle si definisce l’immagine di un esterno visto da un’astronave. Il pubblico si ritrova così a viaggiare in una dimensione spaziotemporale: le parole di Banquo lo portano a vagare tra corpi privi di vita e un pianeta al collasso ormai privo di ossigeno,  mentre le proiezioni inseriscono il monologo di Banquo e tutta la sala del TeTe  in un’atmosfera inaspettata. Asteroidi di passaggio, corpi celesti, una luna piena. Banquo, giochi di luce a suo favore, si spoglia dai suoi abiti militari e scompare per metà nella buca del palcoscenico prestatasi a diventare una vasca (forse fonte di vita?), e mentre continuano le abluzioni il vociare delle streghe guida i suoi pensieri, i suoi ricordi e lui, novello Marat, si abbandona a loro, si ricorda del pianeta morente, del suo furore ancora in vita, dell’indifferenza umana, dell’eterno ritorno che porta i morti per mano violenta e vogliosa di potere a preoccuparsi di un pianeta in fin di vita, soffocato dall’indifferenza e dallo stesso potere. 


Nel mentre, il mascherone antigas/servo di scena contempla un ramoscello, alla luce fredda del faro. È l’unico umano vivo in scena, quest’essere che si muove con compostezza e non offre altro allo spettatore se non il suo sguardo, fuggevole e nascosto. Banquo è un fantasma stanco, delle tre streghe non rimane che il vociare, il pianeta neanche si vede  dall’astronave su cui viaggia lo spettacolo e il pubblico. Non rimane che lui, il mascherone antigas che resiste, conserva, forse ricorda ma al contrario di Banquo non ce lo racconta, ma lo agisce nel gesto preciso con cui raccoglie un ramoscello verde, lo osserva e lo conserva. 
Curioso. Curiosa la scelta dei personaggi, curiosa l’ambientazione, curioso il legame tra il fantasma che “re non sarà mai” e l’immagine di un pianeta ormai stremato dal suo animale più evoluto. Ci aspettiamo un esito, per risolvere alcune curiosità e vederne spuntare altre.
Con Santo Marino, Cristina Carbone- voce Angela Burico. In co-produzione con Peso Specifico Teatro.

Visto a Modena - TETE Teatro Tempio – 17/18 maggio 2013

Elvira Scorza

giovedì 16 maggio 2013

Flavio Ambrosini e Renato Palazzi per la rassegna di incontri In Contemporanea a Casalecchio


Giunti al penultimo appuntamento della stagione di incontri organizzati da Laura Mariani con il Pubblico Teatro di Casalecchio di Reno, i protagonisti saranno il drammaturgo e regista Flavio Ambrosini e il critico de “Il Sole 24 ore” Renato Palazzi.
L’appuntamento, incluso nella rassegna In Contemporanea, è per venerdì 17 maggio nel Foyer A. Testoni di Pubblico Teatro dopo lo spettacolo Questa cosa vivente detta Guido Gozzano.
Coordinato dal Fabio Acca e Laura Mariani del Dipartimento delle Arti dell’Università di Bologna, si proverà a indagare la figura di Guido Gozzano (1883-1916), popolarissimo poeta, ma per certi aspetti ancora tutto da riscoprire.
Partendo da due testi, La cocotte e La culla vuota, l’ultima sua opera prima della morte, si sono aggiunte via via altre composizioni che vogliono esplorare la figura e il multiforme universo culturale del poeta.


Dietro il cantore delle «buone cose di pessimo gusto», dietro la maschera del dandy intellettuale, dell’«esteta gelido», lettore di Nietzsche e Schopenhauer, si cela infatti una personalità complessa, tormentata, sensibile alle suggestioni del simbolismo europeo, piena di inquietudini, di contraddizioni, di pulsioni auto-distruttive, un artista per il quale il tema della rinuncia e del distacco dalla vita non è solo una cifra estetica, ma un’acre condizione esistenziale.
L’ambiente in cui si muovono il drammaturgo e regista Flavio Ambrosini e il critico de “Il Sole 24 ore” Renato Palazzi, è una scena fatta di “tante piccole cose di cattivo gusto”, segni di un’infanzia lontana di cui si avverte una certa nostalgia. Una gabbietta, una culla, il secchiello con le palette per la sabbia, la presenza insistente di specchi che riflettono un io perso e disperso. Oggetti che fanno da sostegno alle parole, in un racconto della memoria e del dolore, in una conversazione con la morte e non solo, che fanno dire: Guido Gozzano è qualcosa di più del poeta che si studia velocemente a scuola.

Spettacolo a numero di posti limitati. Prenotazione obbligatoria.

Venerdì 17 maggio, dopo lo spettacolo
Nel Foyer A. Testoni di Pubblico Teatro
Incontro con Renato Palazzi e Flavio Ambrosini 
Con Fabio Acca e Laura Mariani del Dipartimento delle Arti
Università di Bologna

16 e 17 maggio ore 21
uno studio di e con Flavio Ambrosini e Renato Palazzi
e con il piccolo Simone Agnini
musiche R. Wagner e S. Rachmaninov
regia Flavio Ambrosini

Info e prenotazioni 051/570977
info@teatrocasalecchio.it

giovedì 9 maggio 2013

Incontri In Contemporanea del Pubblico Teatro di Casalecchio


Continua la ricca stagione di appuntamenti del Teatro Pubblico di Casalecchio che vede protagonisti artisti di fama nazionale e internazionale sul palco, con performance e spettacoli dal vivo la sera, e in platea, per scambiare due chiacchiere con il pubblico riguardo curiosità e approfondimenti durante qualche pomeriggio del mese. Un’iniziativa, quella degli incontri In Contemporanea che prosegue fino al 25 maggio.
Il prossimo appuntamento è quello di giovedì 9 maggio al Pubblico, il teatro di Casalecchio, dopo lo spettacolo Giù di Spiro Scimone.
L’incontro, coordinato da Laura Mariani e Cristina Valenti, vuole approfondire il tema della corruttibilità nella società che umilia la dignità e la libertà dell’individuo.


Un bagno, al cui centro troneggia un gigantesco water, che Lino Fiorito è riuscito a rendere una vera e propria opera d’arte visiva, al punto da aver vinto il Premio Ubu 2012 per la miglior scenografia. Metafora della condizione del Paese e della sua vita quotidiana, dalle sue tubature emergono delle figure umane come spiriti sotterranei, come anime in pena risalite da profondità infernali. Un’atmosfera surreale, dove il dramma è in continuo equilibrio con la comicità.

Si legge tra le righe della storia che una mattina il Figlio, sotto gli occhi del Papà, spunta fuori dal gabinetto per manifestargli il proprio malessere contro un mondo sempre più saturo di egoismo e d’indifferenza.
Ma in quel luogo non c’è solo il Figlio da tirare fuori. C’è anche Don Carlo, un prete “scomodo”, che si batte ancora per i leali valori della vita.
Giù è finito il Sagrestano che dopo tanti anni di soprusi e violenze, stanco di subire, trova nel water la forza e il coraggio di ribellarsi. Giù c’è anche il povero Ugo che preferisce cantare sotto un ponte per non vendere la propria dignità.

“Giù ci sono tante persone che, per difendere i valori umani e lottare contro il male che avanza, aspettano il loro turno per tornare su… per tornare, di nuovo, su”.


giovedì 9 maggio, dopo lo spettacolo
Incontro con Spiro Scimone e Francesco Sframeli
In occasione dello spettacolo Giù
Con Laura Mariani e Cristina Valenti

Giù
di Spiro Scimone
con Francesco Sframeli, Spiro Scimone, Gianluca Cesale, Salvatore Arena
regia Francesco Sframeli
scena Lino Fiorito
disegno luci Beatrice Ficalbi
regista assistente Roberto Bonaventura
foto di scena Andrea Coclite
produzione compagnia Scimone Sframeli 
Festival delle colline torinesi, Théâtre Garonne Toulouse

lunedì 6 maggio 2013

ITC Teatro di San Lazzaro: il via al Festival delle scuole 2013

Si presenta la XIII edizione del Festival delle Scuole a cura della Compagnia del Teatro dell’Argine con la conferenza stampa  del 3 maggio all’ITC Teatro di San Lazzaro (Bologna).
Dal 4 al 26 maggio 2013 duemilasettecento giovani attori dai 3 ai 18 anni, provenienti da scuole dell’infanzia, elementari, medie, superiori e gruppi extra-scuola della regione daranno vita a spettacoli che saranno valutati da una giuria composta da ragazzi in rappresentanza di tutte le scuole del territorio circostante. Alla scuola vincitrice verrà assegnato un premio in denaro pari a 1.500 euro, da spendere nell’organizzazione di attività culturali destinate ai ragazzi.

 giuria del Festival delle Scuole 2013

Oltre al concorso di teatro, il Festival delle scuole più grande d’Italia propone un concorso di scrittura aperto a bambini e ragazzi delle elementari, medie e superiori, sul tema Ho visto cose… Scrivo, descrivo, immagino la mia vita. A valutare le opere, una giuria mista di esperti e di ragazzi: l’attrice Marinella Manicardi, lo scrittore Patrick Fogli, la poetessa e critica teatrale Azzurra D’Agostino, Carmela Delle Curti e Sanaà Selfaoui, due ragazze che fanno parte di gruppi teatrali nati intorno a progetti internazionali del Teatro dell’Argine. In palio premi per tutte e tre categorie di età: computer, console, videogiochi, corsi di teatro, telefonini, iPod, libri, CD, DVD, abbonamenti a teatro e viaggi.

La cerimonia di premiazione si terrà il 26 maggio 2013 all’ITC Teatro di San Lazzaro.

foto di L. Paselli

Continuano le proposte con Acting Diversity, un progetto di teatro interculturale per rifugiati politici e giovani del Teatro dell’Argine in partnership con Al-Harah Theater (Palestina) e Badac Theatre Company (Regno Unito). I Ragazzi di Acting Diversity si esibiranno in The Shoe Must Go On, uno spettacolo che racconta la dura vita di chi è solo contro tutti, quotidianamente.

Prosegue inoltre il gemellaggio con il Festival Internazionale Teatro Lab del Centro Etoile di Reggio Emilia, grazie al quale le scuole vincitrici porteranno il loro spettacolo sul palco dell’altro festival. I vincitori del Festival Internazionale Teatro Lab sono i ragazzi dell’I.T.C.G. Cattaneo e del Liceo Dall'Aglio di Castelnovo ne’ Monti (RE) con lo spettacolo Marionette in Manette.

fotografia di Renee Moorà Ferri

Infine il Festival vede altre un’altra fruttuosa collaborazione, quella con l’Università Primo Levi, presso la quale per la prima volta quest’anno il Teatro dell’Argine ha avviato un percorso laboratoriale incentrato su Il povero Piero di Achille Campanile, che si concluderà con un saggio finale domenica 19 maggio all'ITC Teatro all'interno del Festival.


Programma del festival:

Sabato 4 maggio, ore 21:
Una tranquilla luna di miele -  gruppo Artisti senza tetto.

Domenica 5 maggio, dalle ore 15:
Nemo - dell’I.I.S. Almerico da Schio di Vicenza

Marionette in Manette (gruppo vincitore del Festival Internazionale Teatro Lab) - I.T.C.G. Cattaneo con Liceo Dall'Aglio di Castelnovo ne’ Monti (RE)

Lunedì 6 maggio, ore 19.30:
Le Avventure di Filippotto - gruppo di Teatro Bambini dell’ITC Studio del lunedì 6-10 anni, fuori concorso

Martedì 7 maggio, ore 17:
La storia di Madame Spezzindue - classe 4^ A della Scuola Primaria Fornace di San Lazzaro di Savena (BO) spettacolo fuori concorso

Giovedì 9 maggio, ore 19:
 Ma che storia è mai questa? - gruppo di Teatro Adolescenti dell’ITC Studio

Venerdì 10 maggio, ore 20.30:
Rumors  - gruppo di Teatro Adolescenti dell’ITC Studio del venerdì 14-17 anni.


Per approfondimenti:
www.itcteatro.it - www.festivaldellescuole.it
Info: biglietteria 051.6270150 || e-mail: info@itcteatro.it

sabato 4 maggio 2013

Serge Nicolaï: un laboratorio teatrale con il Théâtre du Soleil a Modena


L’Emilia Romagna Teatro Fondazione (ERT) è pronta a dare il via alla nona edizione del Festival VIE di Modena dal 23 maggio al 1 giugno 2013. Un mosaico di artisti e di arti internazionali che si pongono, tra i tanti obiettivi, quello di coinvolgere le città emiliane scosse dal sisma dello scorso anno, a contatto con la gente che ancora oggi convive con le conseguenze di quella tragedia.

 Serge Nicolaï

Nella pluralità dei maestri dell’Arte, la Francia verrà rappresentata da Serge Nicolaï, dal 1997 membro del Théâtre du Soleil diretto da Ariane Mnouchkine a Parigi. Attore, scenografo e regista, da alcuni anni lavora come pedagogo seguendo i principi e la pedagogia del Théâtre du Soleil in Francia, Italia, Taiwan, Corea, Brasile, Argentina, Cile.
Nella nona edizione di VIE Festival partecipa con lo spettacolo A puerta cerrada, di cui cura la regia. Una prima nazionale in lingua spagnola con i sottotitoli in italiani, tratto da A porte chiuse (Huis Clos) di Jean–Paul Sartre.

Una scena di A puerta cerrada

In scena al Pubblico, il teatro di Casalecchio di Reno il 24 e 25 maggio, Nicolaï anticiperà tale data con un laboratorio rivolto ad attori, registi, studenti di teatro e cinema.

Nicolaï anticipa che:

 “Si lavorerà con l’obiettivo di scoprire il mondo che le note suggeriscono, per fare in modo che l’attore sia il viaggiatore in questo universo immaginario che si apre davanti a lui. Si cercherà un corpo poetico, non-realista, perfettamente disegnato. Verrà inseguita la condizione di disponibilità, di calma interiore necessaria per ricevere i messaggi che vengono dal profondo. Cercheremo con onestà i movimenti dell'anima senza i quali il teatro non può avere luogo.”


Il laboratorio è incentrato sul lavoro di coro e di improvvisazione in musica.
Si terrà a Modena dal 16 al 19 maggio.
Sei ore di attività giornaliere distribuite tra mattina e pomeriggio per un costo totale di 150,00 €.
Le iscrizioni termineranno il 6 maggio 2013.

Per informazioni e/o iscrizioni scrivere all’indirizzo e-mail: festival@viefestivalmodena.com, con oggetto “Laboratorio Nicolaï VIE Festival”.
Per effettuare l’iscrizione si prega di allegare alla mail un breve curriculum vitae. I partecipanti verranno contattati entro e non oltre il 10 maggio 2013.

Per approfondimenti:

http://apuertacerrada-sergenicolai.blogspot.fr/
www.theatre-du-soleil.fr
http://www.viefestivalmodena.com
http://www.teatrocasalecchio.it/site/

venerdì 3 maggio 2013

Norma: la magia del teatro negli occhi di un figurante

Le tre settimane di prove, più che necessarie per il perfetto allestimento dell’intero apparato scenico della Norma di Federico Tiezzi, hanno ottenuto il giusto plauso sin dalle due Prove generali del 10 e 12 aprile: la sola decina di minuti d’applausi regalati alla soprano Mariella Devia, subito dopo la cavatina della Casta Diva, ne è l’emblematica dimostrazione. Partecipe di questo profondo agglomerato di emozioni, il mio intervento recitativo sul palcoscenico del Teatro Comunale di Bologna si è impregnato di una carica interpretativa tale da farmi sentire un vero protagonista dell’opera belliniana.

I atto: apparizione di Norma
Il primo ingresso avviene nella seconda scena del primo atto: Pollione, proconsole romano nelle Gallie, e Flavio, suo amico fidato, duettano sull’amore impossibile tra il primo e Norma, la druidessa della popolazione dei Galli. Proprio nel momento in cui l’amico Flavio gli suggerisce di scappare per non essere arrestato, Pollione esita e, nella ricerca di un segno rivelatore, rivolge lo sguardo verso un gruppo di quattro soldati che riproducono perfettamente la tela del pittore neoclassico Jacques-Louis David Il giuramento degli Orazi. La mano destra che regge le tre spade e le innalza verso il faretto di luce chiara, fissato sul quartetto a mo’ di “occhio di bue”, è proprio la mia e, percorsa da mille vibrazioni, riesce a enfatizzare maggiormente il pathos della performance con un leggero tremolio.
A questo punto avviene quella che, per me, ha sempre rappresentato la più difficoltosa operazione da compiere durante lo svolgimento di uno spettacolo: il rapidissimo cambio d’abito. In questo caso, a cavallo tra la fine della seconda scena e l’inizio della terza del primo atto (circa due minuti in totale), occorre che abbandoni – letteralmente – i panni da soldato romano per vestire quelli da Gallo servitore e accompagnatore della sacerdotessa Norma. La trasformazione comporta una sostituzione di corazza (da quella possente e ben stringata di colore nero a una più leggera e anatomica dalle tinte bronzee) e di acconciatura (dal semplice elmo alla parrucca ricca di piccole trecce variopinte). Posso confessare senza indugio che, in tutte le date di recita, questo momento è stato sempre quello più arduo e affannoso: fortunatamente l’esperienza decennale posta sulle mie spalle, contornata di vere e proprie peripezie logistiche all’interno delle coreografie, mi ha avvantaggiato – soprattutto – nel controllo dell’ansia, dettata dal limitatissimo lasso di tempo disponibile.


L’orchestra consacra con una melodia solenne l’ingresso in scena della protagonista, accolta dal popolo gremito di sacerdotesse, druidi e vestali della Gallia. Tutto il boccascena si tinge del bianco delle loro vesti, magistralmente rese luminescenti dalle luci pallide poste all’altezza delle quinte centrali: quest’imperturbabile purezza viene – in un certo qual modo – macchiata solo dal viola e l’oro dell’abito di Norma e dalle tonalità calde delle armature e parrucche di noi figuranti. La sola mansione di accompagnatori della druidessa non è sufficiente a dare corpo al genio creativo del regista toscano: difatti, esattamente prima d’intonare l’appassionante assolo della quarta scena, Norma assopisce con un incantesimo i giovani e aitanti guerrieri suoi portantini. Il sonno incantato svanisce lentamente allo squillare delle trombe, permettendo una piccola posa coordinata in sincrono con alcuni componenti del coro: si tratta di un’ennesima citazione artistica, in particolar modo scultorea, vale a dire la celeberrima Pietà michelangiolesca. Una volta risvegliatisi completamente, i soldati Galli riconducono il carro della sacerdotessa verso il fondale della scena, seguiti – come in processione – da tutti gli altri personaggi: le capacità interpretative degli attori sono rese manifeste anche in questa sortita, giacché è doveroso simulare l’azione faticosissima di trascinamento, sebbene sia compiuta in realtà da un tirante elettronico nascosto al di sotto del palcoscenico.
La presenza di figuranti s’interrompe per tutta la restante parte del primo atto, fino a quando, precisamente all’inizio della seconda scena del secondo atto, il coro dei druidi canta della guerra tra Romani e Galli, che sta tormentando la loro terra natia. Federico Tiezzi, consapevole dell’ingente abominio che scatenerebbe la rappresentazione di un tumulto sanguinoso, riesce, attraverso tre scappatoie teatrali efficacissime quanto longeve, a sublimare la drammaticità dell’evento nefasto: in primo luogo fa calare, in direzione della penultima quinta, un fondale bianco di tulle trasparentissimo; lo illumina di taglio con luci poste a creare un effetto da teatro delle ombre cinesi e, soprattutto, impone ai figuranti di simulare una veemente battaglia in modalità estremamente rallentata. Con la dipartita di Oroveso (entrato in scena poco dopo le prime battute del coro) e dei sacerdoti cala uno dei bellissimi sipari di Mario Schifano e i mimi, fino a pochi istanti prima nemici assettati di giustizia e vendetta, ritornano a essere i compagni d’avventura di questa spettacolare messinscena dell’opera belliniana.
A questo punto, il diario di bordo della mia esperienza da figurante può annoverare un ultimo ingresso in scena, che forse si potrebbe considerare il più eclatante e anche il più espressivo.

foto di Rocco Casluci
Si tratta del luttuoso finale dell’opera, in cui, in concomitanza col suicidio della protagonista, viene osannato il potere conquistatore di Roma che, come in tutti gli episodi di dominazione impressi nelle pagine del tempo e della storia, ha soggiogato il popolo invaso: un’enorme scultura marmorea a forma di testa d’eroe guerriero, appartenente alla tradizione classica di estrazione latina, irrompe sul fondo del palcoscenico trainata da sette soldati Galli che, esanimi, stramazzano in terra assumendo delle pose di atroce sofferenza. Il sipario calante, questa volta, è di finissimo raso color oro, atto a esaltare al meglio la successiva luce rossa che invade tutto il boccascena e lascia spazio, nell’immaginazione del pubblico stupefatto, alla figurazione delle fiamme in cui la druidessa Norma ha gettato le sue membra e il suo amore.

Marco Argentina

Norma al Comunale di Bologna: diario di un debutto da figurante


Il mondo del teatro riesce a trascinarti nel turbine più recondito del tuo Essere attraverso il testo di una drammaturgia, il monologo di un attore o l’immagine di una maschera. Ma quando sei tu in prima persona a calcare il palcoscenico, anche solo in un comune ruolo di figurante, è inevitabile avvertire quella sensazione di protagonista della scena, emanatore d’emozioni profonde e – direi quasi – sovrumane: questo è ciò che è avvenuto nel mio mese di prove e recite della Norma del regista Federico Tiezzi, rappresentata al Teatro Comunale di Bologna dal 13 al 21 aprile 2013.


L’audizione, datata 22 marzo, era rivolta a selezionare dodici figuranti di sesso maschile e quattro di sesso femminile, sulla base di ben specifici connotati fisici e di una minima esperienza recitativa pregressa. Insieme a me vengono selezionati sia ragazzi dalla guizzante corpulenza muscolosa sia uomini di teatro e attori, allievi di prestigiose accademie d’arte drammatica. Ricordo perfettamente il mio stupore di fronte a una totale mancanza di mania di protagonismo e senso di competizione, più volte manifestatisi ai miei occhi nelle passate gare effettuate in ambito coreografico: l’atmosfera permeante il foyer del terzo piano è pari a quella di un focolare domestico, di una piccola famiglia che sta nascendo in quel tiepido mezzogiorno dell’inizio di primavera.
Subito dopo il consueto iter burocratico, legato alla stesura del contratto, ritorniamo al piano terra, attraversando tutto il palcoscenico: i miei occhi si posano su ogni attrezzatura, quinta mobile, luce della ribalta e metro quadro del boccascena, esattamente come quelli di un bimbo sulla vetrina di un negozio di giocattoli e balocchi. Di lì a poco un centimetro da sarta accarezza la maggior parte del mio corpo, definendo le misure perfette per i costumi di scena: i primi passi in questa avventura teatrale bolognese, insomma, sono stati mossi e non rimane che attendere ancora quattro giorni per dare il via all’inizio delle prove.


Nella settimana successiva entro in stretto contatto con l’assistente alla regia Giovanni Scandella e la direttrice di scena Valentina Brunetti, fidati collaboratori del regista Tiezzi, che s’interessano di impartire le nozioni necessarie alla buona riuscita dello spettacolo. Col passare dei giorni mi rendo conto che la loro professionalità travalica le usuali mansioni competenti per trasformarsi in vero e proprio affetto genitoriale nei riguardi di noi giovani figuranti: quelle che inizialmente erano semplici indicazioni direzionali si evolvono in consigli spassionati e piccole confidenze dei cosiddetti “trucchi del mestiere”. Allo svolgimento delle prove fa da sottofondo il pianoforte che, insieme al canto del maestro esecutore, conduce direttamente nell’atmosfera dell’opera, cosicché le qualità interpretative dei figuranti possano essere esercitate sin da subito.
Le ultime due giornate della prima settimana di prove vedono la partecipazione dei cantanti protagonisti, appartenenti sia al primo sia al secondo cast. Il cuore affoga in un’emozione assai profonda quando, a pochi passi da me, compare la famosa Mariella Devia: ricordo ancora il lungo mantello di tulle, adoperato giustappunto per la prova della celeberrima Casta Diva, che la soprano maneggiava con così tanta grazia e naturalezza da dimostrare l’enorme peso di professionalità ed esperienza, gravante sulla minuta e – quasi – gracile statura. Oltre a lei, partecipano alle prove anche i tenori Aquiles Machado e Sergio Escobar (entrambi nel ruolo di Pollione), il basso Sergey Artamonov (nei panni di Oroveso), la soprano Radostina Nikolaeva (la Norma del secondo cast) e, infine, Patrizia Bicciré (soprano interprete della parte di Adalgisa).
Superate le vacanze pasquali, le prove hanno luogo direttamente in palcoscenico, dove mi ritrovo a lavorare al fianco delle molteplici figure professionali componenti l’intero gruppo artistico e tecnico dell’opera della Norma: macchinisti, attrezzisti, elettricisti, light designers, maestri di palcoscenico e di scena, maestri del coro, nonché costumisti, sarte e parrucchiere. I tempi di attuazione delle prove di regia sono molto più lunghi, poiché tendono a sincronizzare i movimenti del Coro con le parti recitate dei cantanti, oppure le interpretazioni dei figuranti con i posizionamenti delle luci e delle attrezzature scenografiche. Contemporaneamente, i turni di riposo si dilatano progressivamente, tanto da potermi intrattenere in lunghe e piacevolissime conversazioni coi colleghi figuranti e anche altri professionisti: Massimiliano Briarava, ad esempio, dottore di ricerca del Dams di Bologna, col quale ho frequentemente discusso di teatro e della condizione attuale del Dipartimento delle Arti; Davide Battistelli, direttore di scena del Teatro della Fortuna di Fano e veterano della sezione “mimi e figuranti” del Teatro Comunale di Bologna, che spontaneamente è divenuto il mio mentore personale a proposito dell’organizzazione dello spettacolo lirico o di musica sinfonica. Ma anche Alfonso De Vreese, Paolo Cupido, Luigi Cilli, Giorgia Polloni, Stefania Pascali e Valentina Vandelli, tutti allievi della Scuola di Teatro di Bologna “Alessandra Galante Garrone”, che hanno voluto amichevolmente condividere con me i racconti della loro esperienza attoriale precedente e successiva agli anni di frequenza della suddetta Scuola.
Si avvicinano speditamente le giornate di recita, anticipate dalla messinscena delle due Prove generali, rivolte ad un pubblico gremito di amici, parenti e addetti ai lavori: la tensione sale alle stelle e, dopo diversi anni, torna a dominare sul mio entusiasmo la strizza dei famigerati due minuti prima dell’ingresso in scena, che, in maniera del tutto paradossale, m’infonde – quasi – maggiore sicurezza all’interno dell’azione scenica che presto andrò a performare.

Marco Argentina

giovedì 2 maggio 2013

Progetto inComune, Quadro III: lunga vita ai musei

Continua a splendere sotto i riflettori della danza, del teatro e della musica il Museo Davia Bargellini di Bologna nel pomeriggio del 28 aprile 2013. Terza tappa di un più ampio progetto (iniziato a settembre) che esplicita il desiderio di far vivere ai musei bolognesi una fiorente vita, facendoli diventare fucina della sperimentazione d’arte performativa, aperti al pubblico.
Il traguardo è stato raggiunto dal Progetto "inComune", sviluppato all'interno del circuito Musei civici d'Arte Antica di Bologna di cui fanno parte il Museo Civico Medievale, le Collezioni Comunali d'Arte e il Museo Davia Bargellini.


Una collaborazione ideata da Paolo Cova, storico dell'arte e collaboratore degli stessi musei, che vede protagoniste in questa terza tappa Miriam Costa e Nuvola Vandini.
In una cornice storica del Seicento, le due danzatrici fanno parlare l’immensa scalinata del palazzo ideato da Bartolomeo Provaglia (tra il 1638 e il 1658) sulla quale danzano informi, prese da una furibonda energia fatale, per liberare un’incontinente vivacità di carattere. Ogni fregio, insenatura, scanalatura o decorazione dell’antico palazzo sono trampolini di lancio di suoni, schiocchi, echi e rimbombi stimolati dal lavoro gutturale e diaframmatico delle giovani performer. Suoni animaleschi, che rimandano alle urla delle donne salentine morse da tarantole velenose e costrette a una danza convulsiva, affiancati per paradosso dalle innocenti voci bianche dei bambini del Centro Studi Danza ATEM seduti su un lato della gradinata. Guidati dal maestro Oscar Serio e dalla sua musica amplificata da un tablet di ultima generazione, accompagnano le note multimediali del musicista e il movimento furente delle ballerine, con strumenti “fatti in casa” esasperandoli fino all’ennesima potenza.


Un lavoro che coinvolge esperti di arte e non, giovani, anziani e bambini per far vivere il museo attraverso lo sguardo e l’osservazione, coinvolgendo anche gli altri organi sensoriali, per valorizzarne la storia.
Il gruppo di lavora precisa che:

“Il filo conduttore della nostra ricerca riprende le intenzioni pedagogiche di Francesco Malaguzi Valeri, fondatore del museo, che lo concepì come luogo di ispirazione e orientamento stilistico dei giovani artisti e degli artigiani comuni dell’epoca. Il nostro lavoro si è rivelato essere un connubio fra la materialità concreta dell’arte del passato con l’effimera consistenza del linguaggio del corpo e del suono”.



Prima e dopo la performance, lo spettatore ha la possibilità di osservare arredamenti di case patrizie, utensili, arredi sacri del palazzo: accompagnati per mano dai più piccoli in principio, e in seguito condotti dalla guida del museo che fornisce un quadro storico dettagliato del periodo.

Visto a Bologna nel Museo Davia Bargellini il 28 aprile 2013.

Ideato da: Miriam Costa, Marco Galignano, Oscar Serio, Nuvola Vandini
Danzano: Miriam Costa, Nuvola Vandini
Musiche di e con: Oscar Serio
Regia: Marco Galignano
Il progetto è stato arricchito e sostenuto dalla partecipazione di: Paolo Cova, Valeriana Cedrola, Serena Quagliarola, Chiara Zompa, Maria Raveggi, Ilaria Orlandini, Elena Balboni (centro studio danza ATEM), Martina Caroli.