venerdì 25 febbraio 2011

Tutta l’Italia in una Piazza: la narrazione corale di Marco Baliani

L’Unità d’Italia sta producendo maggiore ricchezza per il nostro Paese oggi, nel suo centocinquantesimo anniversario, di quanta ne abbia portata ai fautori dalle sue camicie rosse.
Nascono come funghi manifestazioni, libri, film, spettacoli che ne ripercorrono le vicende storiche. Tra le diverse opere sul tema, prodotte di recente, anche Piazza d’Italia in scena presso l’Arena del Sole il 24 e 25 gennaio.
 Marco Baliani, che ne firma la regia, è uno tra i maggiori esponenti e innovatori del teatro di narrazione. Qui ci propone un racconto corale, tratto dall’omonimo romanzo di Antonio Tabucchi, attraverso le voci di nove attori.
Lo spettacolo rievoca le vicende di una famiglia del centro Italia dai moti precedenti l’Unità al secondo dopoguerra. I personaggi si fanno portavoce di una storia condivisa dall’intero Paese intrecciando le proprie vicissitudini personali con i fatti storici. Come lo stesso Baliani afferma, l’opera mostra la “possibilità che la Storia grande possa sempre scompaginarsi per un gesto di rivolta, per un sogno, per un crocicchio inaspettato”.
Al centro della scena troneggia un cubo nero e rotante che diverrà casa, granaio, teatrino dei burattini. Il movimento circolare, che esso riproduce, ha lo stesso andamento della storia: si tratta di un continuo ritorno, di una circolarità in cui morti e nascite, amori e lotte, incontri e separazioni si susseguono. 


Lo spettacolo però non riesce ad aggiungere molto alla conoscenza scolastica della storia d’Italia.
Baliani, nome tra i più attesi della stagione dell’Arena del Sole, delude le nostre aspettative. Il racconto appare un po’ troppo retorico e acritico nei confronti dei fatti storici che hanno portato alla nascita del nostro Paese. Il regista non offre la possibilità di comprendere più a fondo le dinamiche politiche e economiche, né di attribuire responsabilità, risolvendo la questione nella lotta tra forti e deboli.

Anna Parisi

My arm: il braccio alzato di una generazione.


Cosa siete disposti a fare pur di “essere qualcuno”? Il protagonista di My arm, scritto da Tim Crouch, visto a Teatri di Vita a Bologna, è riuscito ad esempio a tenere il proprio braccio alzato per anni. 


 L’autore, attore e regista britannico contemporaneo ha esordito per il teatro nel 2003 proprio con questo testo che racconta la storia di un trentenne di oggi dell’Isola di Wight che fin da piccolo cominciò a sfidare se stesso e la noia del vivere quotidiano, cercando passatempi stravaganti. Un’affascinante ricreazione intellettuale, se accostata alla solita TV, alla poltrona e ai video games. Le gare che riuscivano a inventare lui e il suo fratellino erano per il mondo degli adulti considerati paradossali, ma utili per farsi notare. Così: “vediamo chi riesce a trattenere più a lungo il respiro” o “per quanto tempo riesci non andare in bagno?” o “io so stare con il braccio alzato”. Queste piccole sfide erano il simbolo della propria tenacia, della propria forza, del proprio carattere. Era una questione d’identità, direbbe forse la psicologia, ma per i ragazzini era naturalmente motivo d’orgoglio. Tenendo il braccio alzato, il nostro eroe aveva scoperto un modo per essere al centro dell’attenzione: il primo giorno non andò a scuola, dopo quattro si era già fatto rimproverare dalla mamma, alla quinta settimana era il primo bambino di dieci anni con l’analista. Poi cominciò a prenderci gusto: era diventato il ragazzo con il braccio alzato. Dopo un paio d’anni, lo volevano nei musei, l’arte aveva cominciato a interessarsi a lui, era riuscito a far diventare la sua performance un lavoro ben retribuito. Fino a quando però il braccio andò in cancrena: da senso di vita, si era trasformato in motivo di morte. 

 La Compagnia degli Artefatti ha portato in scena questa pièce camuffata da autobiografia, con la regia di Fabrizio Arcuri e con l’interpretazione di Matteo Angius e Emiliano Duncan Barbieri. Formatasi all’inizio degli anni Novanta, la compagnia romana ha da qualche anno sviluppato l’attenzione alla drammaturgia contemporanea e in particolare a quella anglosassone attraverso i testi di Sarah Kane, Martin Crimp, Tim Crouch e Mark Ravenhill. La messa in scena della pièce inglese è fortemente legata all’arte performativa e a vari tipi di linguaggio che diventano, come in un gioco di specchi, tanti rimandi del protagonista. Lo vediamo, infatti, in scena che recita e interloquisce con gli spettatori; ma lo vediamo anche in uno schermo gigante alle sue spalle con una registrazione muta che l’attore non perde occasione di sottolineare; lo vediamo ancora in uno schermo più piccolo con una presa in diretta dalla quale ci presenta la sua vita; e poi lo vediamo sotto forma di piccolo Big Jim che tiene il suo braccio alzato. Un continuo rimando di identità, una continua ricerca dell’essere: chi è davvero il protagonista? È quello che è in scena? È quello che si racconta? È quello che si vede? Chi dei tanti? 

 È uno spettacolo che rigetta la realtà in faccia allo spettatore con un’amara ironia. Emiliano Duncan Barbieri ha accompagnato con la sua chitarra elettrica lo spettacolo, riesumando pezzi degli anni’70, periodo dal quale, del resto, parte la storia. E poi c’è la recitazione di Matteo Angius: il suo modo è veramente ammaliante, conquista con i suoi occhi teneri, furbi e ironici, con la sua voce calda, profonda e sbarazzina. Ma soprattutto è un ragazzo di 30 anni nella vita e nella scena: attore e personaggio si confondono facilmente al punto che alla fine il bravo Angius ha dovuto ribadire: “È finito. È veramente finito”.

Josella Calantropo

mercoledì 23 febbraio 2011

Lanzmann : la pellicola che testimonia di una ribellione del popolo ebraico allo sterminio

Spunti di riflessione per una tavola rotonda sul significato della memoria, nella giornata a lei consacrata

Un uomo dalla voce cavernosa e profonda che testimonia dell’unico episodio in cui gli ebrei riuscirono a ribellarsi ai tedeschi in un campo di sterminio: questo è Sobibòr, 14 octobre 1943, 16 heures, film-documentario del regista Claude Lanzmann, noto ai più per la pellicola di nove ore e mezza dal titolo Shoah.
Il 27 gennaio, in occasione della Giornata della Memoria, La Soffitta, centro di promozione teatrale in collaborazione con il Dipartimento di Musica e Spettacolo, ne ha proposto la proiezione presso Palazzo Marescotti.


Il film racconta, attraverso la testimonianza di Yehuda Lerner, la rivolta degli ebrei che, il 14 ottobre del 1943, riuscirono a fuggire dal campo di sterminio in cui erano stati internati.
Lanzmann ha raccolto questa testimonianza nel corso delle riprese per il film Shoah uscito nel 1985 e considerato suo capolavoro.

Al termine della visione è stata proposta una tavola rotonda sul tema dell’opposizione al negazionismo. Il professor De Marinis ha aperto la discussione ponendo l’accento sulla complessità della figura di Lanzmann che, oltre ad essere regista è anche teorico e ideologo dell’irrappresentabilità per immagini dell’Olocausto: l’artista rifiuta i documenti d’archivio in favore della testimonianza diretta delle vittime. Questo rifiuto si colloca in una linea di pensiero che vede come superflue tutte le prove dell’esistenza e delle modalità di attuazione dello sterminio diverse dalle voci dei testimoni oculari. La Shoah, sostiene Lanzmann, ha costituito un nodo della storia talmente crudele da essere indicibile e da non poter essere rappresentata in nessun altro modo se non attraverso i racconti di chi l’ha vissuta. 

De Marinis ci porta a riflettere sul senso della memoria così concepita, in un’epoca che vede scomparire, a poco a poco, tutti i testimoni della tragedia. Sottolinea l’importanza degli storici nel vagliare le testimonianze e nel porle a confronto con le controprove documentarie per ricostruire al meglio gli eventi.
La storica Facchini ci porta a comprendere l’ideologia dominante del film: il regista propone l’iter “disastro – trauma – redenzione” tipico dei testi biblici e della cultura ebraica. L’Olocausto, per la sua tragicità, ha negato al popolo eletto la possibilità di trasformare le pene subite in redenzione. La pellicola, al contrario, recupera un brano di storia che vede come elemento centrale la resistenza degli ebrei, in cui il dolore diviene forza di agire.

I luoghi della memoria sono il tema dominante l’intervento della dottoressa Pesce del Dipartimento di Cinema. Sobibòr oppone ai pellegrinaggi nei siti memoriali un’esperienza di incontro con un testimone. Mentre i luoghi dimenticano e perdono i segni di ciò che è stato, i testimoni ricordano e possono raccontare, portando gli ascoltatori all’immedesimazione. Questa identificazione non conduce alla ricostruzione storica dei fatti, ma piuttosto oppone i buoni ai cattivi in una visione retorica, come sottolinea il professor Bisoni.
Quasi una trasposizione del racconto biblico dello scontro tra Davide e Golia, secondo il professor Fadda che sottolinea, a conclusione dell’incontro, l’importanza della testimonianza e i suoi limiti.

Gli interventi della tavola rotonda ci hanno permesso di porci differenti interrogativi: come continuare ad avere memoria dell’olocausto in funzione del presente? Come non lasciarci travolgere dalle ideologie e dalle necessità politiche di oggi, ma tentare di leggere i fatti storici con la maggiore oggettività possibile? Il film di Lanzmann sembra non aver raggiunto questo equilibrio tra passato e presente. Ci si potrebbe domandare se può esistere una lettura oggettiva o se sempre la ricostruzione storica sia connotata dall’ideologia di chi osserva.
Al termine dell’incontro, durato più di tre ore, i superstiti in platea si contano sulla punta delle dita. Le argomentazioni erano interessanti, ma il pubblico avrebbe gradito un maggiore spirito di sintesi.

 Anna Parisi

Alla ricerca di voci

 Progetti per la sempre attiva Soffitta del Dams




E’ stata presentata il 20 gennaio nell’aula delle Colonne di palazzo Marescotti, sede del rinomato DAMS, la 23° edizione de La Soffitta – progetti di teatro, danza, musica e cinema – curato dal Dipartimento di Musica e Spettacolo di Bologna e in collaborazione, ormai consolidata, con vari enti pubblici e privati del territorio. Come ha sottolineato Ornella Montanari, in rappresentanza del rettore, alla faccia della crisi, quest’anno si è riuscito a far fronte al problema dei finanziamenti con facilità grazie alla fama de La Soffitta, al suo “ottimismo della volontà” e al  forte segnale di presenza sul territorio che la manifestazione ha dato nel corso delle sue numerose edizioni. Anche l’assessore alla sanità, servizi sociali, associazionismo e al volontariato della provincia di Bologna Giuliano Barigazzi ha messo in evidenza il valore della rassegna nel territorio, chiedendo a chi in primavera otterrà la poltrona di sindaco di “puntare sulla cultura” per la nuova amministrazione, e lanciando l’idea di un progetto di lavoro con l’università per creare un “sistema metropolitano di cultura nella provincia” che tenda a raccogliere e a dare un punto di riferimento a tutte quelle associazioni pubbliche o private, emergenti o consolidate, che lavorano nella provincia bolognese. Ci auguriamo che questo buon proposito non vada in fumo con la campagna elettorale!. A questo punto la professoressa Giuseppina La Face, direttrice del dipartimento di musica e spettacolo, ha ceduto la parola al Professor Marco De Marinis, responsabile scientifico  del progetto, che ha illustrato il composito programma che si svolgerà dal 27 Gennaio fino al 23 maggio. Il cartellone sarà articolato in svariati incontri che copriranno varie arie di interesse  dal teatro alla letteratura, dal cinema alla danza fino alla musica.   

Grande risalto è stato conferito al primo degli appuntamenti quello del 27 Gennaio "Giornata  Nazionale della Memoria" che la Soffitta da anni Celebra, in netto contrasto con qualsivoglia forma di negazionismo. Si terrà per l'occasione, presso i laboratori Dms di via Azzo Gardino, a partire dalle ore 16, un sentito omaggio al regista, giornalista e partigiano francese Claude Lanzam, del quale verrà  proiettato  il film del 2001    Sobibor, 14 Octobre 1943, 16 heures. In esso é narrata la vicenda di Yehuda Lerner, ex deportato miracolosamente sopravvissuto alla repressione Nazista dopo l'unico tentativo di insurrezione dei prigionieri del lager di Sobibor;  alla proiezione seguirà una tavola rotonda a cui interverranno  la professoressa Cristiana Facchini e il responsabile della sezione cinema Michele Fadda il tutto coordinato dallo stesso De Marinis. L'ingresso all'incontro è libero.

Questa è solo una delle mille Voci che  compongono questo straordinario puzzle culturale. La voce della Soffitta è il tema attorno a cui ruotano buona parte degli appuntamenti in cartellone. La voce e le sperimentazioni che di essa si sono fatte in quanto fonetica, suono al di là del significato.  A questo proposito la rivista del DMS Culture teatrali inaugura all’interno della rassegna una nuova serie con periodicità annuale sulla voce nel teatro contemporaneo. Ma procediamo con ordine.

Dal 7 al 8 gennaio protagonista indiscusso sarà Moni Ovadia, uno degli artisti di teatro più importanti e al tempo stesso più anormali della nostra scena. Ovadia, ci trascinerà, attraverso il suo recital-reading dal titolo  Il registro dei Peccati, nel  mistico mondo Khassidico. L'evento  sarà seguito nella giornata successiva da un incontro-seminario gratuito dal titolo La Voce e il canto nel teatro di Moni Ovadia presieduto dallo stesso artista e dal curatore Marco De Marinis.
Un audace appuntamento al femminile è invece quello che verrà coordinato dalla docente Laura Mariani intitolato Attrici in personaggi Maschili. Tre incontri con momenti spettacolari guidati da tre ottime attrici, che illustreranno i mondi possibili  del maschile e del femminile visti come costrutti culturali imprescindibili e dai confini mobili. Le tre protagoniste in questione sono: Ida Marinelli - attrice, regista e co-fondatrice insieme a Gabriele Salvatores del teatro dell’Elfo - il 21 febbraio; Ermanna Montanari - spericolata attrice del teatro contemporaneo italiano e co-fondatrice insieme a Martinelli, Dadina e Nonni del Teatro delle Albe - il 9 marzo; Vanda Monaco Westherstal – attrice classica e d’avanguardia di teatro e di cinema - il 7 aprile.

Il Teatro Arena del Sole, che da tempo collabora attivamente con il progetto Soffitta, anche quest’anno ha fornito il suo partenariato  per due importanti progetti previsti dal cartellone:  l’appuntamento  di fine marzo con  Enzo Moscato attore, autore e regista tra i capofila della nuova  drammaturgia napoletana, e  quello dei primi di aprile con Fabrizio Gifuni, noto attore  già Nastro d’Argento nel 2004 per il film La meglio gioventù e insignito del Premio Flaiano nel 2005 per l’interpretazione di Alcide De Gasperi nell’omonima serie televisiva.  Moscato presenterà il 30 e 31  marzo, nella sala grande dell' Arena del Sole, il suo nuovo spettacolo dal titolo Toledo Suite. Uno spettacolo di teatro-canzone in cui la scelta dei brani vocali preesistenti e originali costituisce l’ossatura  per una drammaturgia sonora che alterna canto scenico, recitazione e musica. Gifuni invece avrà a disposizione, l’1, 2 e 3 aprile la sala interAction dell'Arena per lo spettacolo di sua ideazione L’ingegner Gadda va alla guerra: un’ardita pièçe che unisce lo humor e l'intelligenza di Carlo Emilio Gadda filtrati attraverso la cognizione del dolore dell'Amleto Shakespeariano. Gli incontri con i due artisti, previsti rispettivamente per il 31 marzo e per il 2 aprile presso i laboratori DMS di via Azzo Gardino, saranno curati dai docenti Marco De Marinis e Gerardo  Guccini.
  
Una Sorpresa è la proficua collaborazione tra i teatri di Savena, di Casalecchio di Reno e di Castel Maggiore, la  Scuola superiore di lingue per interpreti e traduttori, l'Università di  Bologna  e           l’ Alliançe Francais,  sfociata nella rassegna di spettacoli dedicati  al prolifico drammaturgo  francese Pierre Notte già segretario generale alla Comèdie-Francaise e Chevalier des Arts et des Lettres. Cinque le pieçe in scena:  Moti d’attore prima di entrare in scena e  L’ira verranno rappresentate il 12 aprile presso il teatro dei laboratori Dms; Due piccole Dame verso il nord toccherà invece l'ITC San Lazzaro di Savena il 13 e 14 aprile; il 15 aprile sarà la volta di E a Stoccolma si perde Claudia Cardinale al teatro Biagi-D'Antona di Castel Maggiore ed infine il 20 aprile al teatro Comunale di Casalecchio di Reno Cosine Robette chiuderà la rassegna.

Per quel che riguarda la sezione Cinema sarà presentato, presso i laboratori Dms di via Azzo Gardino,  il 4 Aprile l'interessante progetto curato da Michele Fadda Montaggio di archivi di famiglia con una performance audio-sonora in live animazione sperimentale dei video realizzati dai laboratori del DMS con gli studenti; seguirà un workshop sul cinema amatoriale e familiare, tra pratiche d'archivio e di rielaborazione. Nella stessa giornata si terrà un workshop  a cura di Saguatti e Martigoni intitolato Fotorama Library in cui si indagheranno, forme e suoni, come elementi altri di narratività possibile, catalogati in Library secondo  moduli legati a forme geometriche piuttosto che ad associazioni cromatiche.
Il programma riguardante la Musica è illuminato dalla presenza di interessanti musicisti. Primo fra tutti,  il 15 febbraio, il pianista Enrico Pace noto per le sue collaborazioni con le prestigiose orchestre dei Munchner Philarmoniker e di Santa Cecilia. Pace renderà  omaggio a Franz Listz, nel secondo centenario della nascita, con l’esecuzione al piano delle celebri  Annèes de Pèlerinage e Sonata in Si minore. Il 4 maggio sarà la volta della giovanissima violinista Masha Diatchenko astro nascente e già insignita del premio Foyer des Artistes di Roma. La Diatchenko si cimenterà con alcune pietre miliari della letteratura violinistica: la Partita in Re minore di Bach, la Sonata per violino solo di Bartòk ed infine una selezione di Capricci di Niccolò Paganini summa  audace del virtuosismo romantico.         
Cenerentola dell'evento la Danza, a cui è stato riservato un unico appuntamento. Ben curata da Elena Cervellati, l’iniziativa avrà come protagonista la coreografa Cristina Rizzo che presenterà al pubblico il suo nuovo lavoro di ricerca coreografica intitolato Dance n°3. L’articolato e poetico progetto della Rizzo, porterà avanti il discorso sull’Assolo danzato aperto nella passata stagione della Soffitta. 
Per quel che concerne le presentazioni di opere letterarie, il 19 maggio alle ore 16 presso la saletta incontri del laboratorio Dms, sarà illustrato Invisibili Realtà di PierFrancesco Giannangeli che scava nella storia del Laboratorio teatrale Re Nudo e in quella dei Teatri Invisibili, intesi sia come associazione culturale che come incontri. Gli appassionati di  Beckett potranno invece dilettarsi, il 17 maggio, con l’introduzione dell’opera Non io nei giorni felici. Un’ ottima prova in cui autori vari e autorevoli riflettono sulle idee sorte dalla messa al vaglio di nuove interpretazioni sceniche (quelle del regista Andrea Adriatico) e critiche di quattro importanti spettacoli di Beckett.


 Ma il programma, qui descritto, non è che una piccola tessera all’interno di un complesso mosaico; per scoprire i molteplici e stimolanti incontri consultare il sito www.muspe.unibo.it/soffitta oppure rivolgersi al numero 051 20 92 400.


Elena Grimaldi, Enrico Rosolino