mercoledì 22 febbraio 2012

Con "Antigone" la tragedia si fa corpo

E' possibile trovare una soluzione all'eterno conflitto tra ragione del cuore e ragione di stato? Fin dove si può arrivare per seguire il proprio credo? Sono queste le domande che stanno alla base del dramma sofocleo Antigone e sono le stesse domande alle quali Marco Sgrosso e Elena Bucci tentano di dare delle risposte con il progetto Antigone. Una strategia del rito.

La scena si tinge di rosso e lo spettatore diventa subito consapevole che quello che sta per vedere non è un fedele allestimento del dramma di Sofocle, bensì un qualcosa che va oltre il concetto stesso di tragedia greca: il testo, le parole fanno da cornice a un discorso più concreto in cui il corpo e la musica sono i protagonisti. Un'Antigone (Elena Bucci) forse troppo matura compie i primi passi sul palcoscenico e sotto un fascio di luce di un rosso acceso fa rabbrividire il pubblico con una danza che trasforma il dolore, la tensione e l'amore dell'eroina greca in un movimento convulso e caotico. La luce rossa sempre presente sul proscenio rende tangibile il sangue dei caduti e in particolar modo del caduto Polinice, eroe e traditore della patria, considerato dalla legge non degno di un'adeguata sepoltura. Ma la nostra protagonista tenterà di dare ugualmente una tomba al fratello, andando verso la rovina.

Testimone della vicenda è il coro che scruta e commenta tutto ciò che avviene sul palcoscenico, riprendendo alcuni elementi fondanti della tragedia classica, quali la maschera e la sua funzione di giudice, e inserendo ingredienti nuovi che restituiscono al prodotto finale la sua genuina grecità, come l'accento marcatamente siciliano (considerata la lingua più vicina al greco) del corifeo Daniela Alfonso. Anche il coro, come Antigone, si esprime e interagisce con gli altri personaggi danzando in un'alternanza di movimenti rallentati e altri più impetuosi. L'unico personaggio che non cede al movimento del corpo è Creonte (Marco Sgrosso) tanto statico e immobile nelle sue lente ed esasperanti passeggiate quanto deciso e irremovibile nelle sue decisioni da tiranno. Lo spettatore giunge quindi alla consapevolezza che i gesti e il corpo degli attori rappresentino più del semplice movimento e si configurino come parte integrante e caratterizzazione del personaggio stesso.

La musica conduce il pubblico attraverso i vari momenti  del dramma, rendendo tangibili le tensioni che intercorrono tra i personaggi: dai brani hard-rock sui quali Antigone-Bucci crea una danza angosciata e inquietante, alle più pacate melodie esotiche , un po' hawaiane, che rimandano ai ricordi dolci e fanciulleschi di un'esistenza maledetta.

Lo scontro tra legge dell'uomo e legge dello stato si consuma sul palcoscenico del Teatro Testoni di Casalecchio senza l'affermazione di un effettivo vincitore. Non c'è soluzione quindi. Questa sembra essere l'effettiva conclusione di Sgrosso che insieme alla Bucci incarnano una dualità sempre destinata alla sconfitta e al fallimento.

Il risultato di queste premesse si situa però su un altro piano: i buoni propositi dei due protagonisti, nonchè ideatori del progetto Antigone, non trovano una giusta concretizzazione nella loro messa in scena, lasciando nello spettatore un senso di inappagamento, di mancato approfondimento delle ben più profonde parti del dramma. Ciò che viene messo in scena sembra essere un approssimativo e non ben definito tentativo di realizzare un lavoro più complesso che pone le sue basi nell'esternazione fisica delle problematiche che la tragedia di Sofocle propone. Il sacrificio dell'eroina greca si palesa senza troppa convinzione lasciando lo spettatore disorientato, combattuto tra un giudizio positivo sugli intenti dei registi e un giudizio meno lusinghiero sull'esito finale.



Selene Venticinque

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