venerdì 4 marzo 2011

Il registro dei peccati di Moni Ovadia


“Meraviglioso, affascinante, mistico” potrebbe dire uno straniero la prima volta che vede Moni Ovadia in scena,. Invece gli altri, quelli immersi nella cultura teatrale italiana, potrebbero dire: “Ma lui è sempre stato così”. Proprio questo mi è successo lunedì 7 febbraio nel recital-reading intitolato Il Registro Dei Peccati, Rapsodia lieve per racconti, melopee, narrazioni e storielle, presentato presso i laboratori Dms in via Azzo Gardino 65/a, dove lo spazio- tempo si sono dilatati grazie al suo originale e proprio stile di far assaggiare il mondo khassidico. 

Salomone Ovadià piú conosciuto come Moni, nato in Bulgaria cresciuto in Italia nel seno di una famiglia ebraico-sefardita, greco-turca da parte di padre e serba da parte di madre, è un mix culturale ben definito da Marco De Marinis come “artista di teatro”. Io aggiungo che è un vero pluri-artista come pochi ne ho conosciuti in vita mia. Ma la cosa più sorprendente è la semplicità della sua personalità e l’amore che irradia da questo personaggio nel rapporto con il suo pubblico. Senza parlare della sua particolare maniera di esprimersi. 
Dio, il mondo ebraico, la spiritualità, le battute religiose, l’ateismo, l’umorismo sono cose che si dovrebbero mescolare e mettere in scena più spesso come fa Moni nel suo recital-reading, accompagnando la serata con canti ebraici, letture e citazioni di ebrei famosi nella storia dell’umanità, basandosi sul khassidismo, che viene definito come una corrente ebraica nata verso meta ‘800 che celebra la fragilità umana e la sua bellezza. Qui l’umanitá ha una relazione di familiarità e prossimità con il divino;, la maestà del divino viene celebrata con la gioia dei canti, la danza, la narrazione, l’umorismo e lo studio metodico e rigoroso della Sacra Scrittura.
Veramente questo è uno spettacolo che merita di essere goduto e che ci ricorda la celebre frase del teologo cattolico Teilhard de Chardin : “Non siamo esseri materiali che vivono un’esperienza spirituale. Siamo esseri spirituali che fanno un’esperienza materiale”.

Elizabeth Perez Mejia

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