Partendo dell'unica presenza di “Dorothy” (Francesca Mazza) sul palco, West tesse sia la sua storia individuale, sia il racconto di uno dei destini possibili nel nostro mondo contemporaneo. La forma semplice del palco (un grande quadro demarcato con nastro bianco con un tavolo e una sedia al centro) inganna all'inizio, insieme con il costume di “Dorothy” (le scarpe rosse e il vestito da ragazzina, tipiche del personaggio): sembra la scena dell'inizio di una fiaba.
Ma già le prime parole, <<Io sono Dorothy. Ho 52 anni. Sono una persona coraggiosa>>, distorcono l'idea iniziale. Invece della fanciulla giovane della fiaba tipica, West mostra una donna di mezza età alle prese con lo stesso problema centrale del Mago di Oz: la mancanza di fiducia in sé, portato però nel mondo quotidiano invece che in quello immaginario di Oz. Questa giustapposizione dell'apparenza infantile di "Dorothy" rispetto ai dilemmi fondamentali della vita è molto efficace e fa emergere la difficoltà di agire nel modo "giusto"rispetto alle richieste fatte dalla società agli "adulti".
L'affermazione di "Dorothy" <<sono coraggiosa>> è messa immediatamente in crisi con una seria di dubbi che costellano il significato della parola "coraggiosa". Attraverso il sonoro creato dal vivo dal dj Mirto Baliani, le parole si mescolano, si sovrappongono con la musica, ne vengono inghiottite. L'ambiente caotico, che riflette la molteplicità della vita contemporanea, è creato attraverso la ripetizione di parole.
Anche i movimenti agitati, che finalmente portano “Dorothy” a distanza del tavolo e ai margini, ma mai oltre quei confini, del quadro scenico, evocano l'ansia legata al mondo moderno. L'uso di parole minime, che può essere riassunto in definittiva con l'opposizione fra "fare" e "pensare", permette la rappresentazione simultanea del mondo esterno e di quello interno di "Dorothy", entrambi disorientanti, che si influenzano a vicenda. Infatti West mostra che quei mondi non possono essere separati, "Dorothy" è il prodotto del mondo contemporaneo travolgente.
Durante la performance, Francesca Mazza si esibisce con molta energia portandoci dentro la sua nuvola di incertezza, così tanto, che abbiamo la sensazione di essere impotenti in un mondo che ci inghiotte. Anche se l'esecuzione della performance trasmette il senso dell'individuo perso, bloccato nella vastità del mondo, la struttura in crescita progressiva attraverso i volumi, i suoni e i movimenti, appare troppo ovvia e senza varietà.
Nel Mago di Oz Dorothy scopre che ha in sé la capacità di uscire da Oz. West, come il nome suggerisce, presenta un vicolo cieco senza salvezza. Pur con un uso intelligente del suono, della fisicità e del palco. Lo sguardo limitante della performance, in cui non si può uscire della mente di "Dorothy", è alla fine unidimensionale e il clima è prevedibile.
Sherene Meir
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