Morte, solitudine, vecchiaia, sofferenza: argomenti troppo dolorosi da affrontare? Meglio allontanare dalla mente certi cattivi pensieri e cercare l’elisir dell’eterna giovinezza? Secondo Babilionia Teatri, la nostra contemporaneità risponde di sì. Il tabù della fine ci si pone dinnanzi senza riuscire a affrontarlo; andando controcorrente lo spettacolo ci parla di The End.
Visto al Teatro delle Briciole di Parma, in un concentrato di cinquanta minuti un’attrice racconta tutto ciò che non vogliamo più né vedere né sentire. Per paura di provare dolore non approfondiamo i rapporti; per paura di restare soli ci circondiamo di cose; per paura di affrontare i problemi alziamo barriere di ipocrisie; per paura di morire non viviamo. Siamo spinti a consumare ogni momento senza goderlo e a mantenerci sempre su di giri. Dobbiamo essere tutti belli, forti e senza rughe. Non possiamo stare male, non siamo più abituati né a soffrire né a veder soffrire. Essere ricoverati negli ospedali, vivere in case di cura, annegare nel proprio piscio, pulire la propria madre malata: sono cose che possono succedere e alle quali non siamo preparati. Problemi normali che fanno parte della vita, ma come fare a superarli? Allora l’obiettivo più semplice da raggiungere diventa la rimozione della morte. Viene issata in scena una croce e, al posto dei due ladroni, questa volta viene affiancata dalle teste sanguinanti di un bue e di un asinello. Se un presepe ci ricorda la nascita, questa sua versione lugubre ci esibisce la morte.
Babilonia Teatri si presenta come un teatro pop, rock e punk. Nel 2006 è finalista del Premio Scenario Infanzia con Panopticon Frankenstein spettacolo sul mondo del carcere; nel 2007 con Made in Italy vince l’undicesima edizione del Premio Scenario; nel 2010 Premio Speciale Ubu 2009 categoria miglior novità italiana/ricerca drammaturgica. Nasce dalla collaborazione di quattro giovani artisti: Valeria Raimondi, Enrico Castellani, Ilaria Dalle Donne e Luca Scotton.
In The End Valeria Raimondi, coautrice con Enrico Castellani del testo, interpreta un lungo monologo, intervallato da brani di Fabrizio De André e Luigi Tenco. Tira fuori luoghi comuni, frasi fatte, filastrocche, canzoni, pensieri detti e non detti della nostra società, raccordati in un testo metricamente poetico e musicale. I versi sono recitati in maschera neutra, con un tono di voce neutro, raggiungendo così un risultato estraniante e martellante.
The End, titolo dello spettacolo, è sia l’abbreviazione di This Is the End My Only Friend the End, la canzone dei Doors, ma anche e prima di tutto un progetto, iniziato lo scorso anno al Festival di Santarcangelo. La compagnia veronese, con un bando di partecipazione lanciato su Youtube a futuri attori, selezionò e poi scelse dieci persone con le quali poter intraprendere un percorso sul tema della morte e poter condividere nuove idee, energie, voci, nomi, immagini e desideri. La versione che adesso è in tournée è quindi ridotta nell’organico, ma non nel senso e nel contenuto.
Nel lungo valzer, che tocca le paure più recondite dell’animo umano, l’ultima immagine che ci viene regalata accende la speranza. E’ quella di un dolcissimo bambino neonato, a ricordarci che la vita è sempre più forte e vince, nonostante tutto, la morte.
Josella Calantropo
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