domenica 21 luglio 2013

Sguardo sul festival di Avignone | Giorno IX (17 luglio)

Cour d’honneur
Conception e mise en scène Jérome Bel

Lo spettacolo Cour d’honneur è allestito alla Cour d’honneur del Palazzo dei Papi di Avignone e naturalmente il pleonasmo è voluto, in quanto il protagonista tematico dell’allestimento è precisamente questo luogo «sacro» per il Festival di Avignone. La corte infatti eccezionalmente ospita la presenza di quattordici spettatori seduti in cerchio, che aprono e chiudono lo spettacolo guardando a loro volta in un lungo silenzio la platea. Il cortocircuito prodotto è voluto e fecondo perché, uno a uno, gli spettatori animano il luogo con i propri ricordi soggettivi degli spettacoli passati alla Cour, da Inferno di Romeo Castellucci del 2008, a Médée di Jacques Lassalles del 1999, e via dicendo. Pertanto l’idea è originale e estremamente interessante, soprattutto per chi scrive, visto che fornisce uno sguardo fertile, nella sua metateatralità, sulla storia del festival di Avignone. Lo studio sullo spettacolo è chiaramente approfondito, anche nella recitazione dei partecipanti che, pur non essendo professionisti e quindi presi a tratti da un naturale nervosismo, riescono a fornire con semplicità il racconto-aneddoto preparato. Peraltro sono stati accuratamente scelti per il fatto di rappresentare più o meno la gamma degli spettatori ideali del festival: il professore, la giovane coppia, la ragazzina adolescente, un paio di donne in pensione, il medico di guardia alla Cour, il consigliere comunale alla cultura che ha visto tutto al festival e persino la ragazza che invece non ha mai messo piede all’In. I toni e ritmi cambiano sia naturalmente sia grazie a un’intelligente direzione di attori (esemplare la signora che cerca nei suoi lunghi e rischiosi silenzi di fornire la qualità del suo ricordo a proposito dello spettacolo di Pina Bausch del 1983), e questo elemento permette allo spettacolo di non essere piattamente aneddotico. Molto preziosa anche la presenza di attori che animano i ricordi dei quattordici spettatori, come ad esempio la mirabile scalata dell’attore acrobata di Inferno. La re-citazione in senso letterale di questi momenti-eventi del festival di Avignone fanno tuttavia venire il dubbio se la concezione registica non si poggi troppo a successi di altri registi. L’allestimento originale di Jérome Bel per questo spettacolo è infatti inesistente, tutto è affidato alla forza del testo o a momenti di citazione del passato, come il brano audio di Gérard Philippe-Prince de Hombourg restituito verso la fine dello spettacolo. Ricapitolando, l’idea è buona e originale, in questo interessante esperimento metateatrale, la direzione degli spettatori nei loro ricordi è ottima, e ammirevole lo studio sulla forma, che evita il rischio di appiattirsi su sé stessa grazie alla modulazione dei toni e all’intervento degli attori professionisti, in diretta o in video-conferenza (Isabelle Huppert dall’Australia via Skype riesce a fornire una versione più intima ma assai convincente della mostruosità di Medea). Tuttavia manca una vera concezione registica originale dello spazio, lasciato troppo alla sua nudità, e lo spettacolo risente un po’ di questa mancanza. Il sospetto che si appoggi come una stampella ai fasti del passato non riesce ad essere cancellato, anche se ciò può sembrare ingiusto nei riguardi dello sforzo pur ammirevole dei quattordici partecipanti.

In scena alla Cour d’honneur du Palais des papes


Fabio Raffo

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