Mise en scène Guy Cassiers
Il palco appare
alquanto spoglio, tranne uno schermo frontale con immagini che sono riflesse
anche per terra, formando un mosaico-puzzle che cambierà nel corso
dell’allestimento. Due comodini inoltre fungono da supporto per
l’attrice-adattatrice di Orlando, Katelijne Damen (anche costumista): in essi
trova l’acqua da bere nei momenti indispensabili, per lei e per gli spettatori,
di pausa nel testo, per subito riprendere con rinnovato vigore. Infatti la
Damen sostiene integralmente da sola per tutto lo spettacolo il testo di
Virginia Woolf, con una forte ma allo stesso tempo dolce energia. Non vi è
incarnazione del personaggio, ma il testo viene narrato come un canto epico
molto intimo. Il fraseggiato olandese e i pochi ma determinanti e significanti
gesti dell’attrice, hanno per gran parte il merito di trasmettere in maniera
commovente la bellezza poetica di Orlando. La stessa funzione assolve con
minuzioso scrupolo il delicato accompagnamento musicale, una musica da camera
classica, o accenni di arie da opere, o anche il vento burrascoso delle
traversate marittime. E lo schermo, unico supporto di arricchimento scenico, ci
offre delle composizioni suggestive, le carte geografiche dei viaggi di
Orlando, o ancora dei dettagli rilevanti come la mano o il volto ingrandito
della Damen, con un sapiente uso delle tecniche cinematografiche. Il viaggio di
Orlando è dunque accompagnato in questa dolcezza mai ridondante fino alla fine,
più intima, quando lentamente cala la luce e l’attrice si raccoglie in
posizione fetale. Dolce, e indimenticabile.
In scena all’Opéra-Théâtre.
Par les
villages
Mise en
scène Stanislas Nordey
Stanislas Nordey,
regista associato, insieme a Dieudonné Niangouna, dell’edizione 2013 del
festival di Avignone, sceglie di allestire alla Cour d’honneur del Palazzo dei
papi Par les villages di Peter Handke. Si tratta di un testo alquanto ostico
già alla lettura, dal respiro più poetico che strettamente teatrale, in quanto
composto principalmente di lunghi monologhi che descrivono stati emozionali e
propongono una ricca composizione della scrittura, più che una vera azione
narrativa e teatrale. La sfida dunque è difficile, e non sembra totalmente
riuscita, anzi. La ricca energia di certi attori (tra cui una buona menzione
merita lo stesso Nordey), mostrata nell’enfasi del gesto (a volte forse
ridondante), o la modulazione variegata della dizione e dei toni usati nella
recitazione, non riescono a tenere sulla lunga durata dello spettacolo (dalle
iniziali tre ore e mezzo previste sono arrivati a ben quattro ore e mezzo!). Il
pubblico è messo a dura prova e non resiste: chi va via prima della fine dello
spettacolo, chi resta in paziente attesa, un po’ smanioso di fischiare, un po’
sbuffando. Il monologo finale, durato da solo più di mezz’ora, recitato in
maniera totalmente monocorde, frontalmente al pubblico e per di più con le mani
nelle tasche (!!!) dall’attrice che recita Nova (Anne Mercier), è stato la
goccia che ha fatto traboccare il vaso. Il che è un peccato, perché fino alla
fine del primo atto erano comunque ben visibili l’amore e la dedizione esibiti
nei confronti del testo. Una condiscendenza alla poesia che ha limitato un po’
i mezzi scenici: nel primo atto viene mostrato il cantiere con cinque
prefabbricati blu (un’immagine un po’ stereotipata), dopo la pausa i cinque
fabbricati vengono girati e disposti a scudo, in modo da esibire degli alberi
stilizzati che propongono l’atmosfera da cimitero. Un allestimento minimalista,
che non sembra riuscire a sfruttare appieno le immense potenzialità della scena
della Cour d’honneur. Una nota di merito va tuttavia riconosciuta
all’accompagnamento musicale, una coinvolgente chitarra elettrica, la cui ombra
gigantesca svettava a tratti sul muro della corte, grazie ad un sapiente gioco
di illuminotecnica.
In scena alla Cour
d’honneur du Palais des papes.
Fabio Raffo
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