lunedì 15 luglio 2013

Sguardo sul festival di Avignone 2013 | Giorno VIII (13 luglio)

Exhibit B
Conception Brett Bailey

Exhibit B in senso stretto non è uno spettacolo teatrale: può essere più definito come un’installazione o performance, anche se la sua concezione ricorda più un’esposizione speciale di un museo. La particolarità che lo distingue è il fattore umano che viene esposto. Infatti Bailey, sensibile alle tematica razziale, viste anche le sue origini del Sud Africa, allestisce quest’installazione citando esplicitamente gli zoo umani che furono moda corrente nell’Europa colonialista tra fine Ottocento e inizio Novecento. Accostando cartelli che ricordano le infinite torture e violenze degli Stati coloniali europei a dei performer vivi e immobili come gli artisti di strada-statue, Bailey sottolinea con crudeltà, per lo spettatore e l’attore, i crimini del colonialismo e la visione tutt’ora estremamente limitante delle leggi europee sull’immigrazione. Tra i performer-trofei, anche due attori i cui cartelli ricordano alcune vittime attuali della polizia europea. Come un pugno lacerante allo stomaco, colpiscono gli sguardi sofferenti degli attori del passato e del presente, che condannano senz’appello chi decide di visitare questo museo degli orrori. L’effetto è reso ancora più straziante dal sublime coro degli attori neri che ricordano un’esposizione di teste di schiavi decapitati. Il partecipante è lasciato solo alla sua riflessione e alla scelta di sedersi o meno per entrare nella sua parte di colpevole bianco del colonialismo, oppure di lasciare un messaggio - di redenzione, di speranza, di riflessione? - alla fine dell’installazione. L’allestimento della mostra-performance nell’Église des Célestins di Avignone risulta infine particolarmente azzeccata, in quanto si tratta di una chiesa sconsacrata e in rovina, senza pavimento e con macerie per terra, come a simboleggiare la crisi irrimediabile dei valori su cui si poggia l’Europa attuale. E infatti un cartello è ironicamente - sarcasmo amaro - titolato «le siècle des lumières» (il secolo dell’illuminismo). Ma quante tenebre in realtà circondano le poche luci che hanno eretto l’Europa di oggi.
In sintesi, si tratta di un percorso educativo estremamente doloroso, ma necessario, per cercare di ritrovare una luce della ragione che non accechi nella sua presunzione di superiorità. La crisi odierna dell’Europa non è solo economica, ma anche dei valori che costituiscono quest’unità. E opere come quelle di Bailey, pur nella sofferenza che provocano, inducono alla riflessione inevitabile che per costruire un presente-futuro migliore, è necessario non dimenticare il passato. Ma la domanda terribile che rimane senza risposta - o forse ancora più tremendamente suppone una riposta negativa - è se l’uomo sia veramente in grado di riuscire a non ripetere gli errori del proprio passato e di poter fornire una dimensione reale alla nozione di «civiltà».

In scena all’Église des Célestins


Fabio Raffo

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