Conception e mise en scène Antoine Defoort e Halory Goerger
Germinal è uno spettacolo-performance con quattro interpreti più una voce fuori campo, che trae dal titolo tutta la sua concezione. Il termine «germinal» ha infatti come etimologia il germe, il seme e pone come domanda basilare quale sarà il suo sviluppo. Gli attori infatti per tutto lo spettacolo si confrontano con la riscoperta dalla loro identità in quanto esseri umani, alla riscoperta della voce, della parola, dell’atto di rinominare e così via. Un’idea molto ambiziosa e curiosa, che ha come effetto principale un comico straniamento, di rendere sconosciuto o diversamente noto ciò che noi abbiamo già determinato e classificato in maniera automatica.
All’inizio fu la luce, non il verbo. E così questo spettacolo, invece di iniziare con il classico lento spegnimento delle luci di sala, parte spegnendole ma poi pian piano si riaccendono, e lo stesso gioco poi si trasferisce sul palco, suscitando prima il riso e poi quasi una visione onirica. Infine appaiono i quattro interpreti che, prima con l’aiuto di consolle e poi senza, si esprimono tramite degli schermi sullo sfondo, non senza creare divertenti problemi d’identità e del rapporto tra una parola senza il proprio corpo e viceversa. Poi, come in un appassionante videogioco, riescono a recuperare la parola, poi il canto. Il timore che si perda la forza dell’idea iniziale originale al momento del ritrovamento della parola è fugato grazie a un estro inventivo che mette in questione lo sviluppo dell’universo che i quattro hanno cercato di definire, ad esempio con il contatto via telefono a un’agenzia di creazione universi.
In generale, si tratta dunque di un’idea veramente interessante e originale che affronta i temi dell’identità in rapporto al virtuale, del corpo e del pensiero, in modo arguto e non superficiale. Il divertimento è assicurato e inoltre la mente dello spettatore è stimolata a seguire l’evoluzione delle invenzioni sul palco. Resta infine la curiosità e la speranza che si tratti solo di un inizio che possa essere ulteriormente approfondito. Per il momento un bell’esperimento da esperire, appunto.
In scena al Théâtre Benoit-XII.
Reise durch die nacht
Mise en scène Katie Mitchell
L’allestimento parte da un testo di Mayröcker, il cui titolo in italiano significa Viaggio attraverso la notte. E in effetti il palco rivela una costruzione che ricorda un treno, le cui cabine si aprono e offrono molteplici punti di vista sul passato pian piano svelato della protagonista. Questo cubismo manifesto nella costruzione, come afferma la stessa Mitchell nel foglio di sala al pubblico, attesta il suo trionfo nel grande schermo video su cui si può assistere in diretta e in primo piano alle azioni sul palco, e che presto prevalgono sulla diretta sottostante. La realtà infatti sembra dominare più sullo schermo che sul palco, il treno parte solo nel video e se a tratti le azioni si interrompono sul palco, nascoste dalla costruzione, il video è ininterrotto. L’allestimento sembra complicato, ma lo spettatore si adegua facilmente, forse fin troppo alla visione, come davanti a un grande schermo di cinema, e può godere a suo agio della magistrale introspezione psicologica degli attori. Splendida la toeletta del rigido marito della protagonista, dove l’analisi sotto lente d’ingrandimento fino al taglio dei peli ribelli dei baffi rivela la puntigliosità maniacale del personaggio, nonché la sua freddezza. Gli attori esprimono alla perfezione i risvolti dei sentimenti del testo, dato che nessuna parola esce dalle loro bocche: il testo è affidato interamente a una versione più giovane della protagonista che parla a sinistra del treno, in una sorta di cabina radio per speaker. Sembra paradossale affidare il ruolo della speaker a una donna più giovane dell’incarnazione del suo passato, ma ciò è giustificato dal testo, in cui la protagonista afferma di sentirsi come sua madre. Quindi questa scelta nei ruoli, così come l’apparentemente complicato allestimento cubista della scena, hanno una loro logica nel sottolineare l’inesorabilità del destino che ciclicamente colpisce madre e figlia nel subire un rapporto tormentato e violento con i loro partner. Il video e gli scompartimenti del treno aiutano a scandagliare meglio tutte le sfaccettature del passato della donna, a compiere questo viaggio nella notte del suo passato e presente turbolento. La musica quasi minimalista sottolinea peraltro l’angoscia della storia e del personaggio, ma a tratti emoziona anche per la sua improvvisa dolcezza, come a suggerire una possibilità migliore. Descrive l’ansia, ma culla anche l’oniricità di questo viaggio, così come anche le immagini della corsa notturna del treno. Infine, risulta necessario sottolineare nuovamente una recitazione di grande livello, eccezionale e ammirevole soprattutto per il fatto strabiliante che allo spettatore arriva ogni più piccola sfumatura del sentimento e del pensiero, pur senza una parola diretta dei protagonisti. Un viaggio emozionante che con la sua storia evoca anche la tematica attuale della condizione femminile.
In scena al Gymnase du lycée Aubanel
Fabio Raffo
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