venerdì 12 luglio 2013

Sguardo sul festival di Avignone 2013 | Giorno V (9 luglio)

Remote Avignon
Conception Stefan Kaegi

Remote Avignon appartiene a quella serie di spettacoli ambulanti che Kaegi già in precedenza ha allestito in altre città, come ad esempio Berlino. A un primo approccio somigliano in tutto per tutto a una visita della città con cuffie audio, in cui tuttavia manca la persona fisica della guida. Inoltre già il punto di partenza scelto rivela la particolarità della concezione, e mette in crisi lo «spettatore» riguardo alle sue sicurezze sulla forma dello spettacolo a cui assisterà. La prima tappa è infatti il cimitero avignonese di Saint-Véran, e l’audioguida subito inizia un discorso sul tema tabù della morte, con punti anche morbosi, quando chiede per esempio al partecipante di immaginare la propria morte e quella delle persone interrate lì vicino. Il tono assunto ricorda a questo punto quello dei viaggi ipnotici. Inizia poi la deambulazione attraverso vicoli stretti e poco esplorati, mentre la voce spiega la propria origine, un’elaborazione artificiale dalle sillabe di altre registrazioni audio. Ciò potrebbe sminuire l’effetto sorpresa, ma introduce al partecipante la questione del reale e artificiale. Altre tematiche affiorano durante il percorso, come il rapporto tra l’uomo e la macchina (nel parcheggio, e riguardo ai macchinari del supermercato Carrefour), l’approfondimento di uno sguardo altro verso le persone che ci circondano, sia partecipanti, sia non. Il partecipante viene messo alla prova nel superare i propri limiti, nel fingere di manifestare, partecipare a una gara di corsa, ballare in pubblico e via dicendo. Si tratta dunque di un’esperienza piuttosto interessante, un gioco per mettere alla prova noi stessi e il nostro rapporto con ciò che ci circonda. Offre uno sguardo diverso dalla quotidianità, rispolverando in chiave contemporanea e meno seria il concetto brechtiano di distanziazione (verfremdung). Vi è inoltre un sapere tecnico notevole e non secondario, nel lavoro sulla voce-guida, sui suoni di accompagnamento che spiazzano il partecipante per la loro apparenza estremamente reale. Un’attrazione dunque di alto livello, che offre inoltre qualche spunto di riflessione interessante.

Percorso nella città – Punto di partenza Cimitero Saint-Véran




La Parabole des papillons
Conception e mise en scène Michèle Addala

La Parabole des papillons è un lungo lavoro della regista e i suoi collaboratori nelle periferie avignonesi per la realizzazione di questo materiale che ha un’origine profondamente sociale. Ciò è sottolineato dal fatto che attori non professionisti dei quartieri disagiati partecipino allo spettacolo, così come il dettaglio che il biglietto sia gratuito, proprio per permettere una maggior diffusione di quest’opera agli abitanti-amici della periferia, venuti a vedere i loro rappresentanti. Questo non significa affatto che il risultato finale sia carente qualitativamente, come può succedere se l’incontro con l’ambiente sociale non è stato preparato e coltivato con calma. Durante lo spettacolo non è stato possibile capire quali attori erano professionisti e quali no, tanto il gruppo funzionava nel suo amalgama omogeneo, e questo sicuramente caratterizza la sua più commovente qualità. Nel cast presenti anche alcuni bambini, dall’età di massimo dodici anni, che tuttavia recitavano con abilità ammirevole. Una piccola in particolare possedeva un’energia notevole e dirompente, com’è stato possibile notare in un urlo acutissimo come solo i bambini sanno fare. Per il resto, il testo scenico è composto di riflessioni sul rapporto tra l’uomo e la donna, tra le differenti culture e religioni, con esempi semplici e concreti. Allo stesso tempo la monotonia è evitata da alcuni frammenti molto poetici che sottolineano l’origine del titolo: il tema della farfalla che si brucia per aver voluto scoprire il fuoco tratto da un poema persiano. Così, come farfalle, i frammenti di vite quotidiane viste sul palco vengono a volte interrotti da balli accuratamente coreografati: molto significativo ad esempio il continuo passaggio di una valigia tra un uomo e una donna, che si rivelano essere padre e figlia, inizialmente molto leggero e scherzoso, ma finisce progressivamente per essere inquietantemente violento. Tuttavia, anche se racconta di temi a tratti tristi e bui della nostra società, come la violenza fisica e psicologica dell’uomo sulla donna, il testo non si attarda mai su essi con compiacenza, ma vola leggero come una farfalla, per proporre un messaggio di speranza, o almeno di consolazione.

In scena all’Auditorium du Grand Avignon–Le Pontet



Fabio Raffo



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