Omologazione e appiattimento. Questo, il panorama del teatro italiano di oggi, secondo Enzo Moscato. Esponente della nuova drammaturgia napoletana, considerato l’erede di Eduardo e Viviani, confessa di aver dovuto costruire il suo ultimo spettacolo in modo da renderlo appetibile e commerciale, per invogliare il pubblico ad andare a teatro. Si tratta di Toledo suite, nel quale si cimenta con brani appartenenti alla tradizione napoletana, mescolati a canzoni di Brecht, Weill, Marguerite Dumas, per ricostruire le atmosfere dei cafè-chantant dei primi del Novecento. Noi di “Voci dalla Soffitta” lo abbiamo incontrato dopo la conferenza che ha tenuto lo scorso 31 marzo, presso i laboratori DMS a Bologna.
Durante l’incontro, parlando del teatro di Eduardo, ha detto che oggi viene proposto spesso perché, ormai, appartiene alla tradizione, non riesce più a scuotere o far riflettere. Secondo lei qual è, oggi, la situazione del teatro in Italia?
Credo che dalla fine degli anni ’70 sia iniziato un processo di appiattimento di desideri e pensieri che, per quanto riguarda il teatro, oggi culmina con la presenza di personaggi televisivi. Nella maggior parte degli spettacoli non c’è scossa, inventiva, ma lo spettatore si trova in una posizione di assoluta passività. E’ un processo inconscio, almeno fino a certi livelli della società, superati i quali diviene sicuramente conscio. Eduardo già porgeva il proprio dettato drammaturgico a questo, nel senso che voleva comunicare qualcosa a ciascun spettatore, al di là delle connotazioni socio-culturali. Io, invece, ritengo che lo spettacolo debba essere un rito, avere un’aura sacrale, far scattare qualcosa nello spettatore. Il mio teatro è legato alla criticità della poesia, al suo mistero, non è prosastico.
Sempre durante l’incontro ha citato una celebre frase di Eduardo “Il teatro si fa con il gelo”. Con questa frase intendeva dire che l’attore non deve lasciarsi trasportare dalle emozioni, dalla spontaneità, dallo stato d’animo del momento ma essere consapevole di ciò che fa, affrontare il suo lavoro con la razionalità e ricercare la precisione. Enzo Moscato attore a quale di queste due modalità si sente più vicino?
Condivido il pensiero di Eduardo che, al contrario di quello che molti pensano, non mirava al naturalismo. Inoltre aveva un forte senso di dignità umana, che il teatro ha il dovere di trasmettere. Diceva ai suoi attori di manipolare le proprie emozioni attraverso la freddezza della razionalità, per permettere allo spettatore di immedesimarsi. Non si deve mai scadere nel patetico. Ritengo che il teatro per un attore debba essere una forma di auto-terapia, salvarlo dai suoi complessi, dalle sue debolezze, fornendogli degli argini. Deve essere fatto per curare e mantenere integra l’anima, non per fama e soldi. Credo sia molto importante far capire alle nuove generazioni di attori che bisogna penare e sacrificarsi per il teatro. Prima di avere competenze tecniche, si deve possedere una consapevolezza etica rispetto a quello che si fa. Ai registi può far comodo lavorare con attori che non comprendono fino in fondo ciò che andranno a fare. In conclusione tengo molto a dire una cosa: a differenza di tutte le altre forme d’arte, il teatro unisce, fa famiglia. Chi fa questo mestiere, per gran parte dell’anno, è in tournée e passa molto tempo con i suoi colleghi, che diventano la sua famiglia. Non si tratta di legami di sangue, ma di tipo elettivo. Questo vale anche per i gruppi che fanno teatro amatoriale, come le persone in pensione. Io ne ho conosciuti diversi, e anche in quel caso il teatro favorisce lo stare insieme, l’aggregazione, l’unione. Anche per questo credo sia necessario sostenere il teatro.
Mariangela Basile
Nessun commento:
Posta un commento