martedì 5 marzo 2013

Il vero Amore secondo Dave St-Pierre

Carnalità, realtà e passione: sono queste le tre parole-chiave di Foudres (Création 2012).
Un Monte Olimpo modernizzato, popolato da individui alati maschili e femminili marcatamente distinguibili attraverso il “costume” del nudo integrale, non ha nulla di etereo e pacato. Anzi, l’umanità degli abitanti è feroce e non concede alcuno spazio ai sentimenti: i due veri protagonisti dell’azione scenica (una coppia d’innamorati) sono tenuti in ostaggio, imbavagliati con nastro adesivo nero e confinati negli angoli estremi del proscenio.
In un gioco di personificazioni dei più disparati luoghi comuni della società, i “Cupidi” si fanno beffe dei prigionieri rivestendoli con abiti da Gran Ballo e impartendo lezioni di bon-ton parodiate, fino a quando un cambio di scena inaspettato destabilizza completamente il quadro performativo.
Sette grandi tavoli da lavoro, ricoperti da un cuscino nero, costituiscono il palcoscenico di un teatro dell’innamoramento e degli animosi turbamenti che ne conseguono. Le danzatrici, sbattendo violentemente sulle piattaforme, e i ballerini, aggrappandosi ai quattro piedi, coreografano quel love is suffering shakespeariano all’urlo di «This is Heart in falling love!».
Il crescendo dei tonfi rimbomba nella piccola sala di Teatri di Vita fino a confondersi nelle note drammatiche di un pianoforte, graffiate dalle vibrazioni di un sintetizzatore, che accompagnano il passo a due affannosamente virtuosistico degli ex prigionieri. Un crogiolo di rincorse, prese ed energie infiamma i loro corpi, ostinati nel perpetuare la passione che li impregna.


Ancora una volta, però, qualcosa decide di smorzare la folgore del puro erotismo: guerrieri ultra-terreni, dalle lugubri “armature” succinte e minimaliste, aggrediscono la scena con la furia di una mandria, ingentilita dalle parodiche imitazioni degli esercizi alla sbarra, tipici della danza classica, e spettacolarizzata dalle acrobazie della breakdance e dalle giravolte della capoeira.
Questo caos che spadroneggia sulla scena all’incalzare della musica tribale, intervallata da sirene e boati d’allarme, lascia spazio anche a brevi momenti d’insieme coreografico, dove i danzatori, purtroppo, mostrano qualche diseguaglianza nella coordinazione dei movimenti e dei ritmi.
Improvvisamente il buio zittisce il pandemonio ed un occhio di bue squarcia la quarta parete dell’invisibile boccascena per introdurre il monologo disperato del protagonista: un uomo nudo con un mazzo di rose bianche in mano scivola su di un fluido rossastro e dichiara al Mondo l’immensità del suo Amore, sfatando tutte le convenzioni. La sua amata lo ringrazia raccogliendo i petali sparpagliati nella pozza scarlatta del “sangue” della passione e, al contempo, ripulendoli con lacrime di rassegnazione.
Il dolore della donna è corollato dall’indifferenza degli altri personaggi, che si apprestano ad effettuare il successivo cambio di scena: una fila di seggiole disposte in semicerchio dà il benvenuto all’interno di una riunione di “Angelisti Anonimi”, aperta a qualsiasi partecipante.
Dalla platea viene selezionato un uomo per interagire nell’azione scenica, che si svilupperà in un’esplicita celebrazione del sesso, prima sotto forma di lezione d’anatomia poi attraverso la simulazione di un rapporto sessuale vero e proprio con una bambola erotica gonfiabile.
Quando tutto sta per sfociare in un rito orgiastico, un tuono ristabilisce l’equilibrio nelle menti lussureggianti e re-indirizza lo sguardo dello spettatore verso il fulcro della rappresentazione: i due giovani amanti, ormai nudi, insozzati e stanchi rantolano per il palcoscenico come belve in cerca di una tana.
L’epilogo della Guerra tra il Male e l’Amore si sta compiendo e la coppia d’innamorati, forse l’ultima rimasta sulla Terra, forse diretta discendente di quella originaria dell’Eden, ne è uscita vittoriosa. Ed è un tenero abbraccio a suggellarne il festeggiamento, a dimostrazione di quanto la dolcezza di un sentimento possa surclassare qualsiasi avversità.

Visto il 12 febbraio 2013 a Teatri di Vita (Bologna)

Marco Argentina

Nessun commento:

Posta un commento