venerdì 13 maggio 2011

ATTRICI IN PERSONAGGI MASCHILI. Prima tappa: IDA MARINELLI, vista dalle studentesse della laurea specialistica


Bologna 21 febbraio 2011
Lucia Bellesi

Si è parlato di “fascino androgino” naturale e la prima impressione, l’impatto visivo e, naturalmente, estetico, affermano senza ombra di dubbio questa caratteristica. Ida Marinelli si presenta in abiti semplici, quasi mascolini, contornata dal taglio corto di capelli e dalla completa assenza di trucco, il tutto completamente in tema con il titolo dell’incontro.
Inizialmente sembrava come intimidita, a momenti quasi imbarazzata dalla presenza di noi spettatori in un contesto diverso dallo spettacolo, come se non fosse abituata al pubblico che era lì per conoscerla e non solo per ammirarla in veste di attrice. L’umiltà fa di lei un’attrice ancor più lodevole e per me è stata una piacevole sorpresa vedere come, nonostante la notorietà, riesca a mantenere alti questi valori; ciò è dovuto probabilmente ad un passato in cui i sacrifici per arrivare dove è arrivata siano stati tanti e faticosi, partire da un lavoro come operaia e calcare poi la scena, applicandosi, studiando e, perché no, lottando. Questi credo siano degli ottimi incoraggiamenti per noi studenti, anche se le condizioni in cui sta vivendo il teatro non sono delle più buone.

Ida Marinelli dice che per interpretare i ruoli maschili, sottrae elementi più che mascherare il proprio corpo, questa affermazione mi fa pensare ad un aggettivo che si può aggiungere al citato “fascino androgino”, quello di camaleontica; si sa che la principale caratteristica del camaleonte è quella di cambiare colore per adattarsi all’ambiente, e questo è ciò che lei stessa fa! Ce ne ha dato la prova in un paio di trasformazioni, che non erano solo dei cambi d’abito, ma dei veri e propri adattamenti (per riprendere il termine del camaleonte) al personaggio: la postura, il movimento, la voce, tutto muta.
La mia maschera è la mia faccia aggiunge in seguito. È incredibile come in un attimo diventi il rabbino di Angels in America e un minuto dopo sia di nuovo lei, donna; tutto in pochi passaggi, pochi mascheramenti ma grandi trasformazioni!
Di grande importanza per i suoi personaggi è stato ed è senza dubbio il training vocale. Nella breve dimostrazione, si avverte un cambiamento di tono notevole, arrivando all’imitazione del vecchio rabbino: una sonorità stridula e rauca.

Per l’adattamento al personaggio di Petra Von Kant, lei si è ispirata a Paolo Poli, e qui troviamo un’ispirazione al contrario e contorta, nel senso che, mentre per  i ruoli maschili di Angels in America c’è questo passaggio quasi naturale da donna a uomo, per Petra si passa da donna a uomo che a sua volta è donna. Di originale rilevanza questa sua musa.

L’incontro si è rivelato educativo e tutt’altro che noioso; questa donna è stata una scoperta, non solo a livello attorico, nonostante la sua bravura fosse già conosciuta, ma anche umano.


 
Livia Ferracchiati

Ho trovato interessante la semplicità con cui, a livello di trucco e costume, Ida Marinelli s'immerge nel personaggio. I due fuochi del lavoro sono il corpo e la voce, metto al secondo posto la voce perché, almeno nel caso del dottore, come ci ha spiegato, viene sottoposta ad una distorsione tramite microfono.
La Marinelli non è fisicamente "mascolina" come mi ero fatta l'idea che fosse dalle foto, dove appunto è già personaggio (mi riferisco a Doppio senso).
Il suo atteggiamento naturale, almeno per quel che ho potuto vedere durante l'incontro, è piuttosto morbido. Forse non si "maschera" da donna assecondando gli stereotipi, ma la femminilità, che è più che altro nei modi, nei gesti, è molto presente in lei. Tant'è vero che in Petra von Kant questa stessa femminilità viene portata prima a consapevolezza e poi ad esasperazione. Mi è sembrato di vedere, durante l'intervista, un lieve imbarazzo di Ida Marinelli (segno, oltretutto, della gradevolezza della persona), che potrebbe aver falsato la percezione del suo modo di porsi. In ogni caso, quanto la Marinelli sia “femminile” nella vita di tutti i giorni è relativamente interessante, perché è un'attrice e il suo mestiere è essere qualcun altro.
Il rabbino è il risultato di un lavoro prevalentemente incentrato sulla camminata e sulla modulazione dei gesti, soprattutto sull'utilizzo delle braccia.
I movimenti sono rigidi, incerti e a scatti, come è tipico di una persona molto anziana. Il limite (per noi che in questo momento ci interessiamo ad attrici in personaggi maschili) è che il personaggio è un uomo anziano, appunto. Il fattore dell'età azzera in questo senso il fattore del genere. L'attrice si trova di fronte ad un personaggio che prima di essere un uomo, nell'accezione di “maschio”, è un vecchio.
Questo può addirittura comportare il rischio di cadere nella “macchietta”, cosa che la Marinelli è però brava ad evitare.
Un mio gusto personale: preferivo la voce del rabbino nella prima versione che abbiamo ascoltato nel video, piuttosto che quella più lavorata sentita dal vivo, mi sembrava più efficace.
Il dottore è interessante per la postura assunta dall'attrice, da lontano sarebbe difficoltoso capire che in quel camice c'è una donna. Quindi troviamo di nuovo il corpo come veicolo principale nella comunicazione del genere sessuale del personaggio. La voce modificata è, nel risultato, molto interessante, però non dà modo di assistere ad un vero e proprio lavoro su di essa. E' più una scelta registica (a prescindere che sia stata fatta dalla stessa attrice o dal regista), che un lavoro d'attore.
Concludo tornando a  Petra von Kant. Anche qui il lavoro su corpo e voce è forte. É facile rinvenire le modalità recitative di Paolo Poli, anche se la Marinelli conferisce al suo personaggio una credibilità che in Paolo Poli non deve esserci.


Yiyi Liu

L’incontro con Ida Marinelli è stato un’esperienza preziosa per conoscere da vicino un’attrice che ha interpretato moltissimi personaggi maschili con grande successo in teatro. A dire la verità i personaggi travestiti non sono molto comuni nel teatro contemporaneo nel mio paese come in occidente. La ragione per cui gli attori nel tempo antico dovevano fare i personaggi femminili è venuta a mancare.

Il personaggio del più vecchio bolscevico vivente interpretato da Marinelli mi ha fatto molta impressione perché non avevo mai immaginato che un carattere maschile interpretato da una donna potesse essere così drammatico e stupendo.
I personaggi sulla scena incarnano in generale un’idea oppure un certo carattere rinforzato, quindi gli attori devono afferrare questi caratteri del personaggio invece di imitare completamente una persona nella vita reale. Il corpo degli attori è il mezzo per cambiare l’identità.

Secondo me gli spettacoli di Paolo Poli non sono la stessa cosa di quelli fatti da Ida Marinelli, anche se tutti e due interpretano personaggi travestiti. Quello che Paolo Poli fa è creare un personaggio da commedia e le donne interpretate da lui sono artificiali e capricciose.


Lavinia Morisco

“Il timbro della voce è una specie di impronta digitale.”
Lo ha dichiarato l’attrice Ida Marinelli nel primo degli incontri previsti dal programma de La Soffitta 2011 sul tema: Attrici in personaggi maschili.
Chi è Ida Marinelli? Una grande attrice dall’aspetto curioso, riservato, ambiguo. Di una modestia e semplicità inaudite, ha parlato di sé attraverso la ‘storia’ di tre ruoli importanti da lei interpretati in tre spettacoli del Teatro dell’Elfo di Milano: Doppio Senso, Angels in America, Le amare lacrime di Petra Von Kant. Elemento comune di queste tre interpretazioni è l’ambiguità sessuale o il travestimento fino ad assumere su di sé i tratti comportamentali e vocali di una figura maschile.
Da cosa partire per assumere su di sé i tratti del sesso opposto? Elemento cardine è la voce, una specie di impronta digitale. La domanda a cui la Marinelli si trova a rispondere è: “come far uscire da sé un certo tipo di suono?” Diventano così di primaria importanza i verbi ‘osservare’ e ‘ascoltare’ per ‘assimilare’, ovvero guardarsi intorno e fare propri atteggiamenti altrui, imitare, captare ogni sottilissimo dettaglio. Atteggiamenti, gestualità, timbri vocali diventano gli ‘orpelli’ che vanno a sostituire quelli effettivi utili per il travestimento fisico. Vediamo cosa significa.
Interpretare un ruolo maschile, non significa affatto indossare una parrucca da uomo, disegnarsi dei baffi sul viso, mettere abiti da uomo; In Il mercante di Venezia per effettuare il passaggio dal personaggio di Porzia  a quello dell’avvocato (un travestimento di Porzia), Ida compie il semplice gesto di spogliarsi degli abiti di Porzia per restare nella sua normalità. Ida non ha bisogno di indossare una maschera ‘da uomo’. La maschera la costituiscono sia il modo di irrigidire i muscoli facciali, sia la postura del corpo, sia ovviamente il modo di impostare la voce. Si viene così a creare un’ambiguità sessuale interessante che, personalmente, credo di aver riscontrato nella stessa persona di Ida Marinelli.

Quando si rivolge al pubblico ha una vocalità strabiliante che spazia naturalmente da tonalità e timbri da donna adulta a intonazioni quasi maschili che ha fatto sue e che oramai le sono congenite. E’ un’attrice estremamente ‘intrigante’, che conquista con il suo solo aspetto e la sua concretezza. Rappresenta ciò che ognuno in qualche modo possiede senza esserne consapevole: l’altro sesso come fratello mancato, come la parte intima e vicina che c’è in ognuno di noi. Come si spiegherebbe l’idea della coppia maschile-femminile se non come l’idea dell’unione e dell’equilibrio che si viene a stabilire tra due persone di sesso opposto ma che solo in quell’unione si sentono complete? Il sesso opposto risveglia in ognuno qualcosa che c’è già, ma che non è preminente: la componente maschile o femminile che in un modo o nell’altro viene sempre fuori, in alcuni in maniera eccessiva, in altri moderata. Ida Marinelli è un esempio emblematico di “deformazione professionale” , il che la rende un’artista affascinante che stimola curiosità e desiderio di andare più in fondo al fenomeno del travestimento, con tutte le sfaccettature che comprende.
L’attrice afferma di avvertire spesso un senso di sdoppiamento nell’interpretare altri ruoli: ha l’impressione di avere davanti a sé il suo doppio, che in molti casi è maschile. Quindi si tratta di proiettare fuori di sé la propria componente maschile per poi percepirla come il proprio doppio. Non penso quindi che si possa parlare di un guardarsi dal di fuori, straniante in senso brechtiano, ma di un guardarsi dal di fuori per specchiarvisi, per riconoscersi. Il ruolo maschile diventa un elemento perturbante: nuovo, sorprendente, che stravolge la persona, ma che allo stesso tempo è estremamente familiare. Potrei dire di aver avvertito questa ambiguità anche in me stessa, nella vita di ogni giorno: un giorno mi guardo allo specchio compiaciuta della mia femminilità, il giorno dopo la mia immagine riflessa mi sembra quella di un uomo, sento venir fuori degli elementi mascolini. La verità è che quei tratti non sono nell’immagine riflessa, ma dentro di te. Tutto questo mi fa pensare a Pirandello. Sembri e diventi quello che senti e ciò che gli altri vedono in te.  E ogni giorno la tua immagine interiore cambia, ma fuori sei quello che sei, con ambiguità evidente o latente, ma con ambiguità. Tutto questo non sta a significare che tutti in un modo o nell’altro sono bisessuali, ma che ognuno ha dentro se aspetti ambivalenti, quegli aspetti che contraddistinguono genere maschile e femminile. Come dice Ida Marinelli, si tratta spesso di una questione di “energie diverse”. Le due sessualità da lei interpretate( il rabbino per esempio in Angels in America e una donna lesbica in Petra von Kant) si traducono in due differenti tipi di energia: una maschile e una femminile. Con il personaggio di Petra ci troviamo di fronte a un caso ancora più interessante: la Marinelli deve essere abile nel far coesistere le due energie.
Concludo questa breve relazione con un termine che qui diventa molto interessante: consapevolezza di sé. Ida quando ha l’impressione di vedere il disegno del suo corpo nello spazio non fa altro che confermare di essere consapevole del suo corpo e non di essersi immedesimata in qualcun altro. Quando Ida interpreta resta sempre se stessa, crede in se stessa. Forse è per questo che nella chiusura dell’incontro afferma che per realizzare il proprio sogno (come è accaduto a lei), bisogna solo essere convinti di se stessi. Questa dichiarazione può sembrare banale, ma non lo è. Io credo che con l’espressione “essere convinti”, Ida Marinelli abbia voluto dire: essere consapevoli di sé stessi, della propria interiorità, dei propri mezzi, delle proprie capacità.


Chiara Pesce
L’incontro con Ida Marinelli ha contribuito a svelare quanto il travestimento sia connaturato non solo all’attore, ma anche alla natura umana. Ida Marinelli ha avuto un approccio all’intervista che ha contribuito non poco a rendere manifesto quest’aspetto.
Attraverso i pochi orpelli che aveva portato con sé, ha mostrato come fosse in realtà semplice compiere un travestimento sostanziale. L’attrice ha ripetuto varie volte come l’operazione di cambio d’abito e poi di personalità fosse “semplice” anche se la parola non deve trarre in inganno. Infatti, la semplicità si riferisce ai gesti da compiere che, una volta imparati, sono semplici, ma per compiere un travestimento ci sono degli aspetti preliminari.

Molto importante tra questi è lo spirito d’osservazione; infatti l’attore, per prendere le sembianze di qualcun altro, deve trarre spunto dalla realtà e quindi averla osservata a lungo. Il suo sguardo dovrà essere curioso in modo da memorizzare le posture dei soggetti dai cui prendere l’ispirazione e i loro atteggiamenti corporei ricorrenti. L’aspetto giocoso, insito nell’osservazione, si rivela molto utile perché porta a osservare qualsiasi cosa; poiché tutto può poi essere assunto come elemento utile al travestimento: una postura, un tono di voce, un’espressione, un ornamento, così come molti altri elementi solo apparentemente insignificanti.
L’altra attitudine fondamentale per potersi travestire sulla scena è la conoscenza profonda del proprio corpo, dei propri atteggiamenti ricorrenti, dei propri tic, in modo da riuscire ad allenare una certa capacità a trasformarli con più naturalezza possibile. I travestimenti della Marinelli non sono in nessun modo caricaturali, ma profondamente realistici nonostante interpreti personaggi maschili.
La mascolinità e la femminilità, infatti, sono anch’essi travestimenti, ma a essi siamo socialmente abituati, per questo una donna vestita a festa non ci appare “travestita”, ma nonostante ciò ha in sé stessa l’essenza del travestimento. Il travestimento è in sostanza una “trasformazione”, una costante del corpo umano che ogni giorno si evolve. La vita sociale ci chiede di porre un freno a questa mutevolezza corporea continua e di fissarla in forme e codici, i quali nel corso della vita sociale di una stessa persona cambiano. Si può dire che sulla scena più cambiamento c’è in queste forme esteriori, più è rappresentata la vita, così come più un personaggio presenta variazioni di tono di voce, ritmo e sentimento sulla scena più ci appare vitale. La vita, poiché è mutamento senza sosta, può essere rappresentata attraverso il travestimento, in modo molto efficace.
Il compito dell’attore è arduo, Ida Marinelli riesce a essere così naturale nelle sue trasformazioni proprio perché non si appoggia a nessuna legge se non a quella del cambiamento, che la porta a incarnare i personaggi più diversi senza che questi stridano con la sua personalità. È lei stessa e il suo viso che cambiano, viso che lei definisce “la sua maschera”.
Ida Marinelli, ripercorrendo il suo percorso di formazione e i suoi studi di canto, pone l’accento su un altro strumento importantissimo di variazione: la voce. L’attrice cerca di un personaggio prima di tutto il tono di voce, e poi lo costruisce, cercando di sintonizzare la voce con il corpo.
Per un travestimento servono pure degli orpelli che possano aiutare l’attore a sentirsi “diverso”da ciò che è abitualmente, come parrucche trucco e oggetti; anche se questi sono secondari rispetto alla padronanza del corpo e della voce, sono comunque molto importanti.
Sull’importanza dell’abito nel travestimento mi è tornata alla mente una novella di Pirandello: Marsina stretta. Il professor Gori, protagonista della novella, riesce a volgere in positivo la situazione disperata del matrimonio della sua allieva, grazie alla marsina che lo stringeva inverosimilmente, rendendolo nervoso e trasformandolo da professore pacifico qual è in agguerrito difensore della giovane dalla famiglia del marito. La marsina fa emergere il suo aspetto più animalesco che era già parte di lui, solo che normalmente non veniva allo scoperto. Pirandello ha una grande attenzione per gli oggetti, che spesso, nelle sue novelle, condizionano e sono condizionati dai comportamenti dei personaggi.
 Allo stesso modo la funzione degli orpelli, che circondano l’attore nel suo lavoro di ricerca creativa, è quella di offrire loro degli spunti e diventare oggetti attivi della trasformazione in atto, trasformazione che trae nutrimento da questi aspetti apparentemente secondari. Per far sì che il travestimento appaia naturale e che gli oggetti abbiano la loro influenza nel cambiamento, è a mio parere necessaria una grande apertura da parte dell’attore per percepire elementi utili alla costruzione del personaggio. Il fatto che i travestimenti in cui Ida Marinelli si è calata fossero in panni maschili, non cambia la sostanza: il lavoro dell’attore teatrale tout-court prevede sempre una certa dose di travestimento, anche quando non è così evidente. Si tratta per l’attore di fare emergere qualcosa che già c’è, ma che può meglio venire allo scoperto attraverso il travestimento.
A mio parere questo incontro è stato fondamentale soprattutto perché di solito il travestimento è percepito come qualcosa di superato, da usare solo in certi casi o comunque riguarda solo alcuni particolari generi teatrali, così come nella vita, riguarda solo alcune categorie sociali. Un altro merito dell’attrice Ida Marinelli in questo incontro è stato quello di dimostrare che il travestimento, così come il teatro, si nutrono soprattutto di abilità concrete, e la concretezza che fa dell’esperienza un oggetto reale, si raggiunge con molto tempo e lavoro.
 Infine l’attrice ci ha mostrato come l’arte di trasformare il proprio aspetto riguardi il teatro in ogni sua forma ed epoca, e come il travestimento possa essere un modo creativo e contemporaneo per percepire la realtà e rappresentarla sulla scena.



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