Si è conclusa tra valige piene di ricordi, filmati con confessioni di paure interiori, note di pianoforte e versi di poesie l’ultima giornata del workshop Mercuzio non vuole morire, che si è tenuto ai laboratori Dms di Bologna dal 17 al 26 gennaio. Il lavoro è stato condotto da Armando Punzo, fondatore della celebre Compagnia della Fortezza attiva ormai da ventitré anni, che ha ricevuto prestigiosi riconoscimenti come il Premio Ubu (cinque volte , ultima l’assegnazione nel 2010 come miglior regia), il Premio Associazione Nazionale Critici Teatrali, il Premio Carmelo Bene della Rivista Lo Straniero, il Premio Europa Taormina Arte, il Premio per la Cultura Contemporanea della Regione Toscana e il Premio Speciale Biglietto d’Oro Agis.
Il suo progetto ha debuttato alla 25ma edizione del festival VolterraTeatro, dove gli spettatori sono stati accolti alle porte del carcere da bambini musicisti e da un curioso uomo completamente ricoperto da una scacchiera bianconera.
Cosa sarebbe successo se Mercuzio, il poeta sognatore, lo spirito libero di Romeo e Giulietta non fosse morto? Una denuncia a una società capace di oscurare, schiacciare e stritolare qualunque tipo di libertà, dove tra versi dell’opera shakesperiana e note del Romeo e Giulietta di Prokofiev Mercuzio, interpretato da Punzo stesso cerca di sopravvivere al duello con Tebaldo, mentre la città di Volterra rappresentata intorno a lui attraverso dei pannelli prende un aspetto mostruoso. Le ultime immagini che ci restano di questo spettacolo sono un Mercuzio che si aggira per la piazza e lentamente si accascia al suolo, una Giulietta con una faccia trasognata, e un uomo in partenza con una valigia in mano.
E sarà proprio da quest’ultima immagine che partirà l’idea del workshop che Punzo ha svolto prima a Gubbio dal 29 settembre e ora a Bologna. Un lavoro che però non finisce qui.
Abbiamo intervistato il regista alla fine del lavoro bolognese, dove abbiamo toccato i principali punti chiave di questo progetto, e dove l’autore ci ha raccontato come avrà intenzione di continuare il suo lavoro.
Parliamo del progetto Mercuzio non vuole morire, tema del recente workshop tenuto ai laboratori Dms di Bologna. Da cosa nasce l’idea?
Nasce dall’ idea di Romeo e Giulietta, e da una frase iniziale che era dedicata ai giovani: “mentre loro si disputano i nostri migliori figli muoiono”. Questa frase mi ha attraversato, così l’ho collegata a Romeo e Giulietta. Poi all’interno dell’opera ho trovato la figura di Mercuzio, che è stata immediatamente sacrificata, che muore e in realtà è da lì che parte la tragedia di Shakespeare. Quindi ho cominciato a lavorare fondamentalmente sulla figura di Mercuzio che non voleva morire, con l’idea che se Mercuzio non morisse, forse non morirebbero neanche Romeo e Giulietta, perché l’amore che potrebbe dare Mercuzio non è lo stesso amore di Romeo e Giulietta, che è l’amore come tutti noi lo conosciamo. Forse l’amore di Mercuzio, come artista, poeta, come uomo che sta sognando un mondo evidentemente ancora diverso. L’amore di Mercuzio comprende Romeo e Giulietta. Molto probabilmente il loro amore non comprende Mercuzio. Quindi l’idea di Mercuzio non vuole morire tratta questa possibilità.
Nel laboratorio inizialmente si utilizza un’immagine per rappresentare il tema della “giornata della partenza”: quella di un solo uomo con la valigia in mano e una lacrima dentro. La valigia in particolare è stata considerata da musicisti e artisti come contenitore di vecchi ricordi, come un simbolo del passato da mettere da parte per andare verso un futuro. Qual è il significato di questa immagine, e in particolare dell’oggetto della valigia.
In parte è così. C’è uno stereotipo della valigia molto legata all’uomo, e soprattutto all’idea dell’uomo in movimento. A me piace molto quest’immagine perché fondamentalmente è un movimento interiore. Non è un problema di partire e allontanarsi. È una metafora, e quindi dentro c’è l’idea della possibilità per l’uomo di scoprire altre opportunità, e questa è la cosa che mi interessa in quest’immagine della “giornata della partenza”: partire stando fermi. Sicuramente non ci vedranno andar via dalla scena. Questa è la mia idea.
Nel laboratorio si tocca anche un altro tasto abbastanza dolente: quello della paura. In particolare si invitano i ragazzi a scavare nel loro inconscio, ad affrontare le loro paure, per permettere loro di continuare a sognare.
Sì, quello è stato un momento. Noi avevamo un’immagine, quella della massa, che è un ulteriore passo avanti che abbiamo fatto oggi (durante l’OpenClass, ndr). Avevamo un foglio di carta dipinto, che inizialmente era solo un’idea. Poi abbiamo avuto nello studio un personaggio con la valigia che ha cominciato a fare quest’azione, poi abbiamo avuto molte persone in più. L’idea è di averne tante altre. Quindi siamo partiti dall’interiorità, da ciò che ci fa paura, quale può essere il motivo che ci spinge a cercare altre possibilità nella vita, cos’è che ci fa più paura in questo mondo, dentro di noi, ma anche fuori. E quindi abbiamo toccato anche alcuni temi, dove i ragazzi che hanno partecipato hanno manifestato dei fatti, partendo da un personaggio, che sono alcuni degli argomenti da cui allontanarsi, immaginando di andare verso una città ideale, verso qualcosa che sia più comprensibile.
Tornando un momento al titolo del progetto Mercuzio non vuole morire, e in particolare al personaggio di Mercuzio. Egli è un poeta, uno spirito libero, amico di Romeo nell’opera Romeo e Giulietta, che viene subito sacrificato, ucciso da Tebaldo. Molti registi, come a esempio Mario Perrotta nella sua Trilogia dell’individuo sociale, utilizzano i classici per esprimere un loro concetto, una loro idea. Qui invece si fa rivivere un personaggio come Mercuzio per portare avanti il tema, ma lo si fa da un lato scagliandosi contro Shakespeare, chiedendogli il motivo della morte di questo personaggio, e dall’altro, come è accaduto anche oggi, facendo rivivere il Mercuzio che c’è in ognuno di noi.
Sì è così. E’ vero che vado contro Shakespeare, ed è anche vero che è una grossa responsabilità dire questo. Però abbiamo lavorato e pensato al fatto che nemmeno Shakespeare ha avuto il coraggio di far vivere Mercuzio, perché nell’opera Mercuzio, il poeta, l’artista, l’uomo che ha una visione diversa, viene sacrificato. Nella storia dell’umanità è più facile sacrificare Mercuzio, quindi drammaturgicamente è giusto: Mercuzio deve morire. Non per noi però: noi abbiamo pensato a un personaggio che non sta a questo gioco, che si ribella a questo padre che ha previsto per lui questo sacrificio in qualche modo, e per questo chiede e ricerca compagni, compagni di strada, quindi è normale che cercherà altri poeti, altri artisti, ed è il Mercuzio che è in tanti di noi, che è nell’umanità. C’è il Mercuzio: a volte può essere sepolto, dimenticato, però c’è. Quindi Mercuzio cerca di tirarlo fuori.
L’idea non è solo accontentarsi di far rivivere Mercuzio, ma per lui si cercano anche dei compagni di strada alla fine della rappresentazione, recitando versi di poesie di altri autori.
Sì, perché siamo arrivati a capire che Mercuzio da solo muore. Mercuzio ha bisogno di compagni di strada, specialmente oggi ha bisogno di altri compagni, di altre persone, di altri Mercuzio. Quindi noi cerchiamo di toglierlo da quest’isolamento, da questo suo rapporto col destino che sembra debba portarlo a morire. Poi se si pensa al nostro paese, alla cultura, a quello che sta accadendo, forse ci sono anche dei collegamenti, non è proprio quello che ho cercato in questo lavoro, ma ci sono anche dei riferimenti evidenti rispetto a un clima che si sta vivendo, dove far fuori i Mercuzio non sembra rappresentare un problema.
Oggi nell’introduzione dell’ OpenClass sono stati coinvolti nell’azione oltre i partecipanti del workshop anche diverse persone del pubblico. Anche quello era un voler cercare dei compagni per Mercuzio, facendo risvegliare il Mercuzio che c’è in ognuno di noi, anche nelle persone che non avevano fatto il laboratorio?
Sicuramente, questo dovrebbe contagiare altri spettatori, altre persone che passano. È un’azione che avviene all’aperto, è un’azione visibile. Dovrebbe avvenire anche in piazze, in luoghi pubblici, quindi è evidente che c’è un tentativo di coinvolgere sia chi partecipa, ma anche altri spettatori involontari.
Il progetto ha debuttato prima al festival di Volterra, poi è continuato con il workshop che si è appena tenuto qui a Bologna. Come continuerà adesso il tuo lavoro?
A Volterra abbiamo fatto un primo studio, un primo lavoro teatrale. Domenica sarò a Cosenza e farò un altro workshop con altre persone sempre su questo tema. Poi tornerò a Volterra dove con i Comuni vicini stiamo lavorando con le persone, con i bambini che fanno scuola di musica, con le ballerine, con i bambini che fanno danza, con gli artisti, con gli anziani, coi giovani delle scuole medie e superiori, proprio per costruire quest’azione dove dentro ci siano tutte le età, dove tutta l’umanità è rappresentata.
Le foto sono di FotoFotoniche.
Giulia Mento
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