Durante
lo spettacolo ci accompagnano una serie di battute veloci, taglienti, comiche,
ma allo stesso tempo terribilmente drammatiche, perché Bouvard e Pécuchet
rappresentano il nostro presente, ma anche il nostro futuro (il loro isolamento
parte infatti dal 2010, ma arriva fino al 2078).
Rappresentano
gli uomini di oggi completamente alienati dal mondo reale, un mondo dove non
esistono sensazioni e rapporti autentici, dove ogni azione si ripete ogni
giorno alla stessa maniera.
Digitano
ossessivamente sulla tastiera, che hanno come protesi attaccata al collo,
parole e parole, per cercare di imparare nozioni di medicina, di astronomia, di
biologia, continuamente alle prese con i loro bislacchi esperimenti, tutti non
riusciti, compreso quello del suicidio.
Ecco
l’uomo del presente e del futuro, capace allo stesso tempo di sapere tutto e
non sapere niente, solo e smarrito davanti a un mondo dove l’aspirazione
maggiore di una donna è diventare Miss Chirurgia Estetica.
All’inizio
sullo schermo, poi in un angolo del palcoscenico vediamo anche il Muto e la
Muta, i due servitori, interpretati da Mario Arcari e Paola Roscioli.
Essi
in realtà parlano un altro linguaggio, fatto di gesti, di sguardi, di
sensazioni reali e di contatti fisici. Un linguaggio che ci appare meraviglioso
sulle note delle variazioni di Goldberg di Bach, ma che i nostri personaggi non
comprendono, completamente catturati dal loro mondo virtuale.
E
non comprendono neanche alla fine, quando Paola Roscioli tenta invano di
spezzare l’incanto nel mondo del Web cantando Edith Piaf. Tutto si dissolve in
un’orchestra di flatulenze, simbolo della disgregazione e del dissolversi della
realtà umana.
In
Atto
Finale - Flaubert , ultimo capitolo del suo progetto Trilogia dell’individuo sociale
(composto anche da Il Misantropo - Molière e I
cavalieri – Aristofane cabaret), Perrotta non vuole darci consolazioni. Ci
mette davanti alla realtà nuda e cruda, in cui l’illimitata stupidità umana e
il nostro chiuderci in una realtà virtuale composta solo da rapporti e
sensazioni fittizie stanno prendendo il sopravvento, portando alla nostra
completa disgregazione.
Un’
ottima interpretazione di Mario Perrotta e Lorenzo Ansaloni, in completa
osmosi, abilissimi nel ridicolizzare o drammatizzare gli aspetti più decadenti
della vita e del pensiero contemporanei.
Uno
spettacolo capace di farci riflettere, poiché al peggio non c’è mai fine, e i
valori veri e autentici del vivere umano sembrano ormai letteratura.
Una
riscrittura originale e profonda, dall’impatto forte, tale da meritare il
prestigioso premio UBU 2011 per l’intera trilogia.
Giulia
Mento
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