martedì 24 gennaio 2012

Con “Atto finale – Flaubert” la disgregazione del mondo in scena

Una stanza buia. Pian piano si accendono le luci e vediamo due personaggi seduti di spalle che guardano uno schermo gigante. Vogliono scoprire la ragione della loro esistenza. Eccoli qui, Bouvard e Pécuchet in versione moderna, interpretati da Mario Perrotta e Lorenzo Ansaloni, così come ce li descrive Perrotta stesso nella sua riscrittura dell’omonimo romanzo di Flaubert. Due uomini che vivono da decenni un isolamento volontario, in fuga dal mondo. Non hanno alcun contatto con l’ esterno, se non tramite Internet.

Durante lo spettacolo ci accompagnano una serie di battute veloci, taglienti, comiche, ma allo stesso tempo terribilmente drammatiche, perché Bouvard e Pécuchet rappresentano il nostro presente, ma anche il nostro futuro (il loro isolamento parte infatti dal 2010, ma arriva fino al 2078).

Rappresentano gli uomini di oggi completamente alienati dal mondo reale, un mondo dove non esistono sensazioni e rapporti autentici, dove ogni azione si ripete ogni giorno alla stessa maniera.

Digitano ossessivamente sulla tastiera, che hanno come protesi attaccata al collo, parole e parole, per cercare di imparare nozioni di medicina, di astronomia, di biologia, continuamente alle prese con i loro bislacchi esperimenti, tutti non riusciti, compreso quello del suicidio.

Ecco l’uomo del presente e del futuro, capace allo stesso tempo di sapere tutto e non sapere niente, solo e smarrito davanti a un mondo dove l’aspirazione maggiore di una donna è diventare Miss Chirurgia Estetica.

All’inizio sullo schermo, poi in un angolo del palcoscenico vediamo anche il Muto e la Muta, i due servitori, interpretati da Mario Arcari e Paola Roscioli.

Essi in realtà parlano un altro linguaggio, fatto di gesti, di sguardi, di sensazioni reali e di contatti fisici. Un linguaggio che ci appare meraviglioso sulle note delle variazioni di Goldberg di Bach, ma che i nostri personaggi non comprendono, completamente catturati dal loro mondo virtuale.

E non comprendono neanche alla fine, quando Paola Roscioli tenta invano di spezzare l’incanto nel mondo del Web cantando Edith Piaf. Tutto si dissolve in un’orchestra di flatulenze, simbolo della disgregazione e del dissolversi della realtà umana.

In Atto Finale - Flaubert , ultimo capitolo del suo progetto Trilogia dell’individuo sociale (composto anche da  Il Misantropo - Molière e I cavalieri – Aristofane cabaret), Perrotta non vuole darci consolazioni. Ci mette davanti alla realtà nuda e cruda, in cui l’illimitata stupidità umana e il nostro chiuderci in una realtà virtuale composta solo da rapporti e sensazioni fittizie stanno prendendo il sopravvento, portando alla nostra completa disgregazione.

Un’ ottima interpretazione di Mario Perrotta e Lorenzo Ansaloni, in completa osmosi, abilissimi nel ridicolizzare o drammatizzare gli aspetti più decadenti della vita e del pensiero contemporanei.

Uno spettacolo capace di farci riflettere, poiché al peggio non c’è mai fine, e i valori veri e autentici del vivere umano sembrano ormai letteratura.

Una riscrittura originale e profonda, dall’impatto forte, tale da meritare il prestigioso premio UBU 2011 per l’intera trilogia.



Giulia Mento

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