martedì 13 marzo 2012

Teodor Borisov: un artigiano con le mani piene d'amore

Gli spettatori stanno ancora cercando il proprio posto nella platea quando le luci si spengono e un uomo alto, magro, con i capelli cresciuti solo ai lati della testa e sparati verso l'esterno, vestito tutto di nero e con i pantaloni mantenuti goffamente dalle bretelle, entra in bicicletta sul palco. Ha anche il naso rosso: non c'è dubbio, è un clown che ci farà divertire. Però ha un'aria rassicurante e moderata e allora forse c'è da aspettarsi qualcosa di più. È un artista di strada questo Teodor Borisov, bulgaro di nascita, diplomato nella prestigiosa scuola di teatro di figura di Sofia ma cresciuto artisticamente in Italia, nella sua amata Venezia.

Ha con un baule che di a poco, sotto l'accompagnamento di un'allegra musichetta che richiama un'atmosfera circense, si rivelerà custode di quei preziosi pezzi di artigianato, le marionette e il teatrino in cui prenderanno vita. L'attenzione della luce va tutta su questi omini di legno e ci vuole poco a rimanere a bocca aperta: ballano, saltellano con i loro piedini ticchettanti, danzano addirittura sulle punte. Lo sguardo viene catturato e si immagina cosa potrebbero dire, si cerca il significato di ogni loro gesto, scatta un gioco bizzarro di proiezione di sentimenti: quelli esseri inanimati ci spingono a provare qualcosa che riflettiamo su di loro, umanizzandoli.

Per un attimo la luce vibraforse per un banalissimo e impercettibile errore tecnicoe la mia attenzione si sposta sulle mani di Borisov. Rimango incantata. La rivelazione del meccanismo che mette in moto le marionette non rompe, anzi, amplifica lo stato di meraviglia in cui sono entrata. Vedo come le sue dita si muovono per farle muovere, vedo la tecnica frutto di anni e anni d'accademia, vedo l'energia che fluisce verso il basso per dar loro la vita. C'è amore in quelle mani, un amore che si riconosce solo nelle mani paterne degli artigiani che, con doverosa attenzione, creano oggetti d'arte dal respiro eterno.

Sono delle brevi storielle quelle che ci presenta Borisov. Non a caso il progetto curato da Giovanni Azzaroni per il centro La Soffitta ha come titolo MicrodrammaturgieIl baule errante di Borisov.

L'artista si preoccupa anche di spiegarci cos'è una microdrammaturgia al termine del primo spettacolo in programma nella serata, City of clown. È la storia di un clown che deve continuare a ridere e far ridere nonostante sia triste. Alla fine perde tutto e si rifugia nella calda nicchia di un sogno. L'amore è l'unica strada per ritrovare la serenità. L'unione di due nasi, quelli delle marionette innamorate, a cui Borisov aggiungerà il suo, sancisce l'essenzialità nella vita. È un sorriso chapliniano quello che l'artista bulgaro vuole lasciare, quello che segue all'uscita di una lacrima. Il tema della scelta collega il primo con il secondo spettacolo, in cui Borisov riproponevolontariamente o c'è qualche problema tecnico? - una scena già vista nel primo: un uomo deve scegliere tra due mele, una gialla e una rossa. Passa la sua vita a guardarle, a riflettere, a tamburellare il piede per terra. Alla fine, forse per pura indecisione o forse per mancanza di coraggio, non gli basta un'esistenza per compiere questa scelta.

Questo secondo spettacolo si intitola Storie e meraviglie. Arrivato a superare le duemila repliche, è quello con cui si diplomò all'accademia di Sofia nel 2006. Se ad apertura un piccolissimo Pulcinella viene sgridato perché sta bevendo troppo vino, le storielle che seguiranno, come dei brevissimi frammenti, ci riportano dentro il teatrocon la ballerina danzante e la marionetta che muove a sua volta una piccolissima marionettae poi di nuovo fuori, tra amanti che si trovano rincorrendo una farfalla e uomini che scoprono la bellezza della natura nel profumo di un fiore.

Borisov ama intrattenere il pubblico alla fine dei suoi spettacoli. Ci racconta del suo amore per l'Italia e scherza sul fatto che ora anche lui è in crisi. Loda la creatività dei ragazzi con cui ha fatto il workshop di costruzione di marionette e microdrammaturgia. C'è qualcosa di poetico anche nel modo in cui parla e che risuona nel mutismo delle sue creature attraverso cui ci immerge in un sogno, a occhi aperti, per spingerci a riflettere da adulti e immaginare come fossimo bambini.

Carolina Ciccarelli

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