Ha con sé
un baule che di
lì a poco, sotto
l'accompagnamento di un'allegra
musichetta che richiama
un'atmosfera circense,
si rivelerà custode di
quei preziosi pezzi di
artigianato, le marionette
e il teatrino
in cui prenderanno
vita. L'attenzione della
luce va tutta su
questi omini di legno
e ci vuole poco
a rimanere a bocca
aperta: ballano,
saltellano con i
loro piedini ticchettanti,
danzano addirittura
sulle punte. Lo sguardo viene catturato e si
immagina cosa
potrebbero dire, si cerca il
significato di ogni loro gesto, scatta
un gioco bizzarro
di proiezione di
sentimenti: quelli esseri
inanimati ci spingono
a provare qualcosa
che riflettiamo su di loro, umanizzandoli.
Per un attimo
la luce vibra – forse
per un banalissimo
e impercettibile errore
tecnico – e la
mia attenzione si
sposta sulle mani
di Borisov. Rimango incantata.
La rivelazione del
meccanismo che mette
in moto le marionette
non rompe, anzi, amplifica
lo stato di meraviglia
in cui sono entrata.
Vedo come le sue
dita si muovono per
farle muovere, vedo la
tecnica frutto di
anni e anni d'accademia,
vedo l'energia che fluisce
verso il basso per
dar loro la vita.
C'è amore in quelle
mani, un amore che
si riconosce solo nelle
mani paterne degli artigiani
che, con doverosa
attenzione, creano oggetti
d'arte dal respiro eterno.
Sono delle brevi
storielle quelle che
ci presenta Borisov.
Non a caso il
progetto curato da
Giovanni Azzaroni
per il centro La
Soffitta ha come
titolo Microdrammaturgie
– Il baule
errante di
Borisov.
L'artista si preoccupa
anche di spiegarci
cos'è una microdrammaturgia
al termine del primo
spettacolo in programma nella serata, City of clown. È la storia di un clown che deve continuare a ridere e far ridere nonostante sia triste. Alla fine perde tutto e si rifugia nella calda nicchia di un sogno. L'amore è l'unica strada per ritrovare la serenità. L'unione di due nasi, quelli delle marionette innamorate, a cui Borisov aggiungerà il suo, sancisce l'essenzialità nella vita. È un sorriso chapliniano quello che l'artista bulgaro vuole lasciare, quello che segue all'uscita di una lacrima. Il tema della scelta collega il primo con il secondo spettacolo, in cui Borisov ripropone – volontariamente o c'è qualche problema tecnico? - una scena già vista nel primo: un uomo deve scegliere tra due mele, una gialla e una rossa. Passa la sua vita a guardarle, a riflettere, a tamburellare il piede per terra. Alla fine, forse per pura indecisione o forse per mancanza di coraggio, non gli basta un'esistenza per compiere questa scelta.
Questo secondo spettacolo si intitola Storie e meraviglie. Arrivato a superare le duemila repliche, è quello con cui si diplomò all'accademia di Sofia nel 2006. Se ad apertura un piccolissimo Pulcinella viene sgridato perché sta bevendo troppo
vino, le storielle che seguiranno, come dei brevissimi frammenti, ci riportano dentro il teatro –
con la ballerina danzante e la marionetta che muove a sua volta una piccolissima marionetta –
e poi di nuovo fuori, tra amanti che si trovano rincorrendo una farfalla e uomini che scoprono la bellezza della natura nel profumo di un fiore.
Borisov ama intrattenere il pubblico alla fine dei suoi spettacoli. Ci racconta del suo amore per l'Italia e scherza sul fatto che ora anche lui è in crisi. Loda la creatività dei ragazzi con cui ha fatto il workshop di costruzione di marionette e microdrammaturgia. C'è qualcosa di poetico anche nel modo in cui parla e che risuona nel mutismo delle sue creature attraverso cui ci immerge in un sogno, a occhi aperti, per spingerci a riflettere da adulti e immaginare come fossimo bambini.
Carolina Ciccarelli
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