Avete mai chiesto a un vecchio di raccontarvi la sua storia? Riusciti a vincere la riottosità e il senso pudico, chissà quante volte la storia narrata si perdeva oltre i confini personali, e la sua storia diventava la vostra, la nostra storia… La Turnàta – Italiani cìncali parte seconda ci porta a confrontarci con le sinapsi scollegate di una cultura ipocrita, la nostra, che dopo anni di lotte per il riconoscimento di diritti umani insindacabili richiede e ottiene l’espressione da parte del popolo delle proprie chiusure ideologiche sull’immigrazione (è tragicamente illuminante il referendum che due settimane fa ha riportato la memoria sulle viziosità dell’idealismo nazionalistico europeo). Protagonista è l’emigrazione, ma non solo: protagonista è uno stato europeo che sfrutta manodopera proveniente da un sud che oltre ad essere povero è dimenticato da Dio e dalla Patria, imponendo agli immigrati condizioni dittatoriali. Protagonista è un bambino di 14 anni che ha passato gli ultimi dieci in un paese straniero, chiuso in casa a sognare la luna, vittima di un ergastolo perché colpevole di essere figlio di immigrati e quindi futuro ruba-lavoro. Come in tutte le storie, i protagonisti hanno un nome: il paese cattivo è la Svizzera, il sud del sud è la Puglia e il bambino si chiama Antonio detto Nino, ma questo perché questa storia nasce da un’esigenza personale, da un uomo alla ricerca della sua identità cha ha riallacciato il suo cammino con il suo passato e ha trovato sulla sua strada testimonianze di uomini partiti, schiavizzati, incattiviti da un mondo di patruni e garzuni. Quest’uomo risponde al nome di Mario Perrotta; ed è lo stesso Perrotta, nell’incontro post-spettacolo, a ricordare come quel bambino che ieri si chiamava Nino, oggi si può chiamare Assef e il paese disumano che sfrutta emigrati per i lavori che i suoi cittadini non si abbassano a fare può tranquillamente prendere il nome di Italia.
Seduto, con una gestualità e uno
stile narrativo meravigliosamente meridionale, Perrotta dà corpo a un testo
dove le trovate narrative riescono a guidare il pubblico dal riso più genuino
al silenzio della meditazione (e il merito va riconosciuto anche all’altro
autore, Nicola Bonazzi); un pubblico che non solo riempie la platea dell’ItcTeatro ma
invade anche il palco, circonda la voce di questo attore-cantore che riscuote
le ceneri del nostro essere: in un’ora e mezza di spettacolo scopriamo di
essere figli di quelle sofferenze, di quegli uomini che hanno permesso
all’Italia di rialzarsi mettendo sotto i piedi la loro dignità di lavoratori, e
che nessuno lo vuole ricordare, nemmeno i protagonisti. Perrotta riparte con la
seconda tappa del progetto Cìncali, questa volta per raccontarci il ritorno e i
differenti tipi di ritorno: nna enùta è solo nna enùta, mentre la turnàta è per
sempre… una venuta è il tempo di mettere piede sulla tua terra, e respirare la
tua aria. Una venuta è quella che negli anni sessanta costringeva i lavoratori
stagionali a tornare a casa, dopo undici mesi di lavoro in Svizzera, e sperare
nella chiamata del padrone, nella conquista del permesso da lavoratore annuale,
nella possibilità di ripartire ma con la tua famiglia e di vivere insieme sotto
lo stesso tetto, liberi. Il ritorno, è un’altra cosa: è quando arrivi perché
non devi partire più. Questa è la storia di una turnàta raccontata da Nino
all’indomani della morte del nonno, l’unica voce che regalava sapere, ricordi,
coraggio al bambino costretto a vivere nell’oscurità, nella paura. Sogna la
luna, il piccolo Nino, perché il nonno gli ha confidato il segreto della vita
dopo la morte: il corpo rimane, noi ce ne andiamo e diventiamo altro. In quella
sera del ’69, il nonno si abbandona al sonno eterno e si unisce alla cordata Armstronge compagni, alla conquista italiana della luna. Sogna la sua terra, Nino,
perché il nonno gli ha raccontato che è la terra più bella che ci sia, e sogna
di ritrovare, nascosto in quella terra, il segreto che ha spinto il nonno a
partire, a sradicarsi con il rischio di non tornare più. Pensa al nonno, Nino,
quando chiuso nel bagagliaio oltrepassa il confine e gli dice di non aver
paura, quando sarà chiuso nella sua bara, che basta ascoltare il battito del
cuore e tutto passa. Vive in un mondo altro, Nino: in un mondo dove il
comunismo è una squadra scarsa ma combattiva di terza categoria con una
formazione internazionale dove spiccano Tito e Marx, i bambini solitari si
confidano paure solo nei sogni e nei pensieri e Albano dedica le canzoni a
quella terra mai conosciuta, a quella paura mai superata. Mentre il nonno parte
alla conquista della luna, Nino si avventura verso un passato ascoltato ma mai
vissuto. Riconquista con i suoi piedi la sua terra e lì riporta le sue radici.
È
lui il depositario del passaggio, della circolarità del tempo, della giusta
fine: scavando alla ricerca del segreto promesso dal nonno, ai piedi degli
ulivi colmi di frutti, Nino trova un foglio di carta con sopra scritta la
promessa che quella terra diventerà casa per i suoi figli e i figli dei suoi
figli. Il viaggio dell’eroe si conclude con la conquista del tesoro e
dell’identità: nella sua terra il piccolo Nino costruisce la sacra dimora dei
suoi ricordi, si riallaccia alle volontà dei padri e con le sue mani riscatta
il loro dolore. Ma siamo pronti a scommettere che anche in questo caso la
storia si presti a sostituzioni di personaggio, e al posto del quattordicenne
che torna in un paese sconosciuto possiamo immaginarci un uomo sulla trentina
che scava nel suo passato dimenticato, e ce lo regala sulle tavole di un
palcoscenico ancora, dopo dieci anni, con le lacrime agli occhi. Perché anche
Mario Perrotta, come Nino, ha avuto paura del buio e probabilmente anche a lui,
per salvarsi, è stato necessario ricordare.
La
Turnàta – Italiani Cìncali parte seconda
di
Nicola Bonazzi e Mario Perrotta
diretto
e interpretato da Mario Perrotta
Visto
all’ITC Teatro di San Lazzaro il 23 febbraio 2014
Elvira Scorza
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