Un senso da ricostruire nell’insieme della visione. Il mago di Oz coincide con la figura di Hitler, personificazione del potere. Così come nel romanzo i personaggi rivolgono al mago i loro desideri, nello spettacolo è Hitler a svolgere questo ruolo. L’interprete è Marco Cavalcoli: è il suo volto ad assorbire le frequenze acustiche di voci, preghiere, desideri, confessioni intime, paure. Una sinfonia di linguaggi, volumi e rumori pungenti. Per ascoltare lo spettacolo lo spettatore indossa delle cuffie. Si creano micromondi: ogni spettatore ha la sua cella nell’alveare. Uno spettacolo performativo distante dalla relazione umana con i vicini, ma destinato al singolo soggetto. Una fantasmagoria di espressioni sul volto dell’attore: un dio umano tra gli uomini. Desideri che rimangono sospesi nell’aere. Lo sfondo colorato e sfumato di luci richiama volutamente i quadri di James Turrell: diapositive illusionistiche. Nessuna parola, solo mimica facciale, colori, l’immagine 3D di Hitler sospeso in alto, scritte che richiamano la partecipazione dello spettatore. Un gioco: chiudere prima l’occhio destro, poi il sinistro. Immagini che tradiscono, le apparenze che ingannano. Le illusioni che prevalgono. “Silenzio! Non parlatemi di queste…piccolezze, ve ne prego! Pensate a me, e al guaio tremendo in cui mi trovo! Io sono un attore. Ecco. This is the question. I’m an actor. But at the same time I’m a ruler. Governo la terra di Oz, che io ho inventato. Io sono un attore. Ho ingannato tutti per tanto tempo che…” Benvenuti a Emerald City, un’utopia nell’utopia.
giovedì 26 aprile 2012
Benvenuti a “Emerald City”: un’utopia nell’utopia
Emerald City: uno spettacolo
costrittivo, incorporeo e biografico da bios "vita". Un viaggiatore
esplora un vuoto verde: un prato verde smeraldo. Il verde è colorato, è la
ricerca di felicità: la necessità del teatro. Quel viaggiatore cerca, in una
frequenza disturbata di voci, un “io” in cui riconoscersi. Cerca in un cuore
estetico, in un cervello rozzo, nel coraggio, nel potenziale di vita del ventre
materno, nella violenza uterina, nel consenso carnale. Uno spettacolo che scava
nelle biografie del singolo. Effetti di immanenza e trascendenza. Una
partecipazione emotiva dello spettatore. Sorpresa, felicità, disgusto, paura,
rabbia, tristezza, finzione: microespressioni di un attore-dittatore. L’universalità
della mimesi facciale dell'attore diventa ipertesto e pretesto. Un teatro per
pochi eletti. Il viaggiatore sceglie quel verde di felicità, sceglie di dire no,
di dire sì, sceglie il coraggio, i limiti. Sceglie di non portare gli altri nel
cuore perché un cuore vuoto e silenzioso è un cuore sano. In occasione del
ventennale di Fanny & Alexander,
e per la prima volta in Italia, Bologna ospita il progetto Oz appositamente concepito dalla compagnia per la città.
Il progetto, ideato da Fanny & Alexander e Elena Di Gioia, si ispira alla storia del Mago di Oz. Un
percorso a itinerario: “Da O a Z”, “Who’s Dorothy?”, “West”, “Him”, “Emerald
city”, in scena ai Laboratoti DMS, e, infine, “East”.
Un senso da ricostruire nell’insieme della visione. Il mago di Oz coincide con la figura di Hitler, personificazione del potere. Così come nel romanzo i personaggi rivolgono al mago i loro desideri, nello spettacolo è Hitler a svolgere questo ruolo. L’interprete è Marco Cavalcoli: è il suo volto ad assorbire le frequenze acustiche di voci, preghiere, desideri, confessioni intime, paure. Una sinfonia di linguaggi, volumi e rumori pungenti. Per ascoltare lo spettacolo lo spettatore indossa delle cuffie. Si creano micromondi: ogni spettatore ha la sua cella nell’alveare. Uno spettacolo performativo distante dalla relazione umana con i vicini, ma destinato al singolo soggetto. Una fantasmagoria di espressioni sul volto dell’attore: un dio umano tra gli uomini. Desideri che rimangono sospesi nell’aere. Lo sfondo colorato e sfumato di luci richiama volutamente i quadri di James Turrell: diapositive illusionistiche. Nessuna parola, solo mimica facciale, colori, l’immagine 3D di Hitler sospeso in alto, scritte che richiamano la partecipazione dello spettatore. Un gioco: chiudere prima l’occhio destro, poi il sinistro. Immagini che tradiscono, le apparenze che ingannano. Le illusioni che prevalgono. “Silenzio! Non parlatemi di queste…piccolezze, ve ne prego! Pensate a me, e al guaio tremendo in cui mi trovo! Io sono un attore. Ecco. This is the question. I’m an actor. But at the same time I’m a ruler. Governo la terra di Oz, che io ho inventato. Io sono un attore. Ho ingannato tutti per tanto tempo che…” Benvenuti a Emerald City, un’utopia nell’utopia.
Un senso da ricostruire nell’insieme della visione. Il mago di Oz coincide con la figura di Hitler, personificazione del potere. Così come nel romanzo i personaggi rivolgono al mago i loro desideri, nello spettacolo è Hitler a svolgere questo ruolo. L’interprete è Marco Cavalcoli: è il suo volto ad assorbire le frequenze acustiche di voci, preghiere, desideri, confessioni intime, paure. Una sinfonia di linguaggi, volumi e rumori pungenti. Per ascoltare lo spettacolo lo spettatore indossa delle cuffie. Si creano micromondi: ogni spettatore ha la sua cella nell’alveare. Uno spettacolo performativo distante dalla relazione umana con i vicini, ma destinato al singolo soggetto. Una fantasmagoria di espressioni sul volto dell’attore: un dio umano tra gli uomini. Desideri che rimangono sospesi nell’aere. Lo sfondo colorato e sfumato di luci richiama volutamente i quadri di James Turrell: diapositive illusionistiche. Nessuna parola, solo mimica facciale, colori, l’immagine 3D di Hitler sospeso in alto, scritte che richiamano la partecipazione dello spettatore. Un gioco: chiudere prima l’occhio destro, poi il sinistro. Immagini che tradiscono, le apparenze che ingannano. Le illusioni che prevalgono. “Silenzio! Non parlatemi di queste…piccolezze, ve ne prego! Pensate a me, e al guaio tremendo in cui mi trovo! Io sono un attore. Ecco. This is the question. I’m an actor. But at the same time I’m a ruler. Governo la terra di Oz, che io ho inventato. Io sono un attore. Ho ingannato tutti per tanto tempo che…” Benvenuti a Emerald City, un’utopia nell’utopia.
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