Posizione zero. È una di quelle parole che mi girano
nella testa alla fine dell’incontro con Mikhail
Ugarov e Elena Gremina sul TEATR.DOC. Sono arrivati al CIMES dalla
Russia portandoci la saggezza del teatro documento. E pensando alla posizione
zero mi viene in mente la macchina fotografica, posizionata su un treppiedi,
difronte alla realtà: è così che ai due artisti, registi e drammaturghi russi
piace definire il loro teatro. L’esperienza di una comunità con l’esigenza di
un diverso tipo di teatro, nata in uno scantinato di 80 mq e che da dieci anni
si nutre di vita vera rinunciando alla finzione. “Siamo continuatori della
grande tradizione russa: il teatro non come intrattenimento, ma come missione”
Partiti o forse colpiti da un seminario sulla
tecnica del Verbatim tenuto a Mosca
dalla Royal Court, questo teatro si fa promotore di problematiche allontanate
dai media ufficiali, ma soprattutto utilizza altre fonti. Non comunicati
stampa, non “documenti ufficiali per i quali c’è sempre un contro documeto né fonti
politiche che hanno come unico scopo quello di ingannare e di dire ciò che non
pensano”. Il Teatr.doc sceglie di passare attraverso le persone per arrivare
alle persone, poco importa se occore usare le interrogazioni di un tribunale o
le registrazioni di interviste o i forum di una chat. “L’importante è la
persona vivente”. Persone comuni che si possono guardare mentre raccontano. Una
ricerca di materiale che mira alla raccolta di parole, di suoni, di storie, di
trame. Si muovono come giornalisti ma per entrare nel tessuto drammaturgico. Alla
fine sul tavolo ci sono pezzi di vita che devono essere ricomposti. E così
entra in gioco il teatro. Un montaggio artistico dai tratti emozionali viene
utilizzato per sfoltire e donare ai frammenti unità tematica e ritmica, un
respiro epico che appare strano all’orecchio russo, ma, allo stesso tempo,
risulta vincente.
Come in una sorta di Commedia dell’Arte il Teatr.doc
mira alla formazione di ruoli e personaggi. I ricordi e le memorie delle
persone vere vengono cuciti insieme per la creazione di caratteri
universalmente noti e condivisi: non personaggi inventati dalla mente creativa
di uno scrittore, ma personaggi nati dalla combinazione di persone viventi e
che quindi parlano di tutti. Ecco perché questo tipo di teatro vince, perché
parla di noi e di cose che ci riguardano molto da vicino. È forte il bisogno di
cambiare drammaturgia se ci si vuole aprire alla vita.
L’incontro prosegue con un videofilm di Gilles Morel che monta insieme la tappe
salienti del Teatr.doc: “Viaggio in cinque spettacoli nel cuore di un luogo
singolare che riunisce da più di un decennio la nuova generazione teatrale:
talento, audacia, volontà di cambiamento”. Sia che si tratti di spettacoli
corali, o che sia solo uno in scena, il Teatr.doc “si definisce attraverso la
sperimentazione di un teatro sociale, radicale e apertamente politico che tenta,
con le sue tematiche e le sue messinscene, di porre domande adeguate sulla
società.” (Tania Moguilevskaia)
Posizione zero, quindi, che come nella tragedia
greca riesce a far emergere i contrari e che rende il pubblico partecipe e
libero di scegliere.
Josella
Calantropo
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