giovedì 8 dicembre 2011

“L’orizzonte dipinto”: un lavoro di squadra. Intervista a Gerardo Guccini



Un tempo si usciva dai teatri e si parlava, si ragionava e, perché no, si criticava. Ogni spettatore aveva il desiderio di prolungare quella meravigliosa esperienza e condividerla con gli altri. Oggi si fa un po’meno, ma se hai l’occasione di trovarti davanti lo sciamano che ti ha portato a vivere un esperienza inaspettata nel mondo straordinario, due domandine sono di rito. Naturalmente mi riferisco a Guccini, la saggia guida che ha ritrovato e portato alla nostra conoscenza un capolavoro come L’Orizzonte dipinto. Famelicamente abbiamo domandato e lui, gentilmente, ci ha risposto.

Anzi, prima ancora di rispondere, ha precisato:
Gli studi da sempre hanno cercato di limitare un po’ la figura dell’attore, che ha uno strumento di indipendenza fortissimo nella drammaturgi ed è stato invece paralizzato dalle teorie delle grandi avanguardie che hanno disciolto l’energia dell’attore “straordinario”: lo studio del nuovo teatro ha abbandonato la volontà di indagare la realtà dell’attore. Ma se l’attore riassume la propria autonomia tutti quanti i fili ci riportano al grande attore, difatti oggi sta riemergendo l’attore\interprete che la storiografia del nuovo teatro ha fortemente censurato.

Un intervento di Fabio Acca, altra importante figura del CIMES, chiarisce ancora di più il concetto:
I due avanguardisti che si sono slegati da questa linea di “oppressione” dell’attore sono Carmelo Bene e Leo de Berardinis. Dei due, de Berardinis ha portato avanti una scuola in cui la crescita sistematica sugli sviluppi dell’attorialità si confronta con l’individualizzazione dell’idea del personaggio: è da lui che parte la “rinascita pirandelliana” (che tanti premi gli procura). Ma la storiografia non si è interessata a questo processo in itinere, nella cronologia storica: non ha posto attenzione a questa riunione dei valori e della dimensione attoriale.

Professor Guccini, che il teatro sia protagonista del film è ben chiaro, ma in relazione a ciò che ha appena affermato come possiamo interpretare il quadro d’insieme rappresentato sul palcoscenico di  L’Orizzonte dipinto?
Questo film dimostra come il teatro può essere visto oltre gli schemi di Silvio D’Amico: egli infatti ha idealizzato il pensiero teatrale e, con la sua autorità, ha affossato il grande attore. Nella sua Enciclopedia dello spettacolo l’unico grande attore citato è la Duse ma è legata all’idea di un teatro che si dissolve, e questa immagine è presente nel film nella figura del teatro che brucia. D’Amico ha dettato legge e da lui in poi la sintesi registica ha incarnato la figura in antitesi con l’attore. Mentre nel pre-bellico in cui questo film è ambientato, la regia è una presenza ne L’Orizzonte dipinto essa è legata al portare avanti le innovazioni di Max Reinhardt (con il quale Salvini ha lavorato) ossia il palco rotante.


Quindi abbiamo la descrizione di un rapporto particolare tra regia e attore?
Il film descrive gli anni in cui la dimensione registica convive con l’arte del grande attore. Non c’è ancora l’ideologizzazione della regia e quindi la convivenza è possibile: pensiamo a Strehler e al rantolo di Ricci nella sua messa in scena de Il giardino dei ciliegi. È storia.

Com’è venuto alla sua attenzione questo film?
Leggendo le recensioni dell’epoca. In effetti non ha avuto grande successo, ma molte recensioni sono state scritte su questo film. È stata un opera di recupero.

E sicuramente ritrovarlo non è stato facile?
Sono state portate avanti lunghe ricerche tra gli archivi del Museo del cinema di Torino e della Cineteca di Bologna, e alla fine è stato ritrovato da Michele Canosa, vicino alla conservazione filmica, presso la Ripley’s Film e approfitto per ringraziare il dottor Angelo Draicchio. Va precisato inoltre che del film in realtà esiste solo il negativo, quindi è stato girato in supporto DVD per questa occasione.

È la prima volta che viene mostrato il film in  pubblico?
No, è stata fatta un anteprima seminariale al Festival di Santarcangelo. A proposito ringrazio Ermanna Montanari e Marco Martinelli. Quest’ultimo mi ha fatto notare che, durante un cambio di scena verso la fine del film, si parla di teatro stabile. E il capocomico fa una battuta: “Il teatro non è un posto a sedere, ma un apostolato tra la gente.”

Ci regala un altro piccolo segreto de L’Orizzonte dipinto?
In questo film debutta Valentina Cortese (in foto), altra grande protagonista de Il giardino dei ciliegi diretto da Strehler, nel ruolo della nipotina di Ermete Zacconi
                                                                                                Elvira Scorza

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