domenica 20 gennaio 2013

Malapolvere. Veleni ed antidoti per l’invisibile


Sporcizia cosmica di polvere. Polvere per strada. Polvere a teatro. Si respira foschia e ci si accomoda in platea. Si cerca di far luce nella nebbia calata non solo in scena, ma anche sui fatti accaduti.
Così si inaugura la stagione del Teatro Pubblico di Casalecchio: quattro pannelli e un leggio che sputano la verità sulla città piemontese della Eternit, spesso ingoiata e digerita senza lamenti.
Un monologo popolare di voci e coscienze picchiate a sangue dalle briglie di un tessuto filamentoso e sottilissimo: l'amianto. Laura Curino presta il suo sobrio vestire nero per srotolare la storia di una cittadina dalle radici celtiche bagnate dal fiume Po, in una distesa di vigneti e grano che incorniciano il castello, il Duomo e… l’industria di eternit.
È un teatro civile che documenta l'incivile: il dolore delle donne di Casale Monferrato, vedove di ex operai o di semplici cittadini, che lottano contro un’ingiusta solitudine. I racconti-orrore sono liberamente tratti dal libro di Silvana Mossano, che  ispira il titolo dello spettacolo stesso: Malapolvere. Veleni ed antidoti per l’invisibile.


La fabbrica Eternit, fondata a Casale nel 1906 dalla famiglia Mazza, è un impianto che apre prospettive occupazionali inattese. La fame istintiva del contadino sembra sconfitta con un impiego innovativo, quasi una “scoperta dell’America” senza emigrare. Un lavoro fisso, ben retribuito, a orari stabili che, soprattutto, rappresenta un benessere duraturo per i figli non costretti a spezzarsi la schiena come manovali o minatori. Si produce materiale del futuro in un’ingenua Italia ignara del progresso americano “col marmo finto, legno finto, oro finto, porta pacchi, porta ombrelli, porta gioie senza gioia”.
Era un modo per sentirsi fieri del proprio lavoro, poco importava se di quel lavoro si moriva. Si parlava genericamente di bronchite cronica, la stessa che colpisce i fumatori incalliti. Conta poco se la polvere ne accelera il progresso. “Polvere tu sei e in polvere tornerai”, recita la Bibbia.
Le polveri prodotte dalla rarefazione della fibra-killer ricoprono case, campi, monumenti senza scampo. Latte materno al sapore di amianto, baci al sapore di amianto.


“Veleni in cambio di prosperità economica, fino all’assurdo scambio di malattia in cambio di benessere”.
La voce poco modulata della Curino evoca dialoghi di coscienza, racconta aneddoti ma anche dati precisi, numeri e statistiche narrate dal fiume Po triste e inquinato, dalla nebbia che accoglie gli operai diretti in fabbrica all’alba, dall’albero abbagliato dal progresso, dalla torre civica arrabbiata.
Sui quattro pannelli in scena, istallati da Lucio Diana, si proiettano radiografie di toraci divorati dalla malattia, monumenti infetti e i sospetti dei primi lavoratori.
Sono i primi anni ‘70 quando l’operaio Nicola Pondrano nota all'ingresso della fabbrica sempre più annunci funebri. Chiede spiegazioni, ma i dirigenti e il sindacato rispondono in modo generico e superficiale perché la Eternit dà lavoro a tutto il Monferrato e guai se chiude. Ma la reazione a catena è partita, si uniscono altri operai, poi i familiari dei morti, poi i medici dell'ospedale di Casale che certificano: si muore di mesotelioma e asbestosi venti volte più che altrove.
Partono accuse, il processo è  in attesa dell’ultima sentenza per i due proprietari della fabbrica: il miliardario svizzero Stephan Schmidheiny e il barone belga Louis De Cartier. Far cadere le accuse in cambio di un risarcimento economico di 18 milioni di euro?
«Nessun patto con il diavolo!» – protestano i casalesi. Risultato: la transazione è sospesa.

Si raccontano storie, si scrivono libri, e poi conferenze per divulgare la verità e per far sfiatare la rabbia di famiglie mutilate. I casalesi non vogliono dimenticare.

“Ti prego grande fiume, sciacqua dignitoso, ma non scorrere senza memoria”.



Visto a Casalecchio di Reno, Teatro Pubblico, 17 gennaio 2013


Angela Sciavilla

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