mercoledì 23 gennaio 2013

Viaggiare, "attorare", scrivere lungo la rotta dei migranti


Uno dei fondatori della Compagnia del Teatro dell’Argine di San Lazzaro di Savena, di cui è co-direttore artistico, regista e drammaturgo: Pietro Floridia è protagonista di calamaio e di avventure verso il Sud Africa di Teatro in viaggio. Lungo la rotta dei migranti, edizione Nuova S1.
Affiancato dal Gabo (diminutivo di Gabriele Silva) e Lando, un fuoristrada coi suoi trent’anni sulle spalle, il regista bolognese scrive e scrive di sé e dei due suoi amici avventurieri. Con una biro e un quadernetto conquistano il grande deserto africano, diretti verso Diol Kadd, un villaggio del Senegal, attraverso Marocco, Mauritiana, Sahara Occidentale sulle tracce dei migranti respinti o tornati.
Sappiamo che non è un reportage giornalistico, né una forma di turismo solidale.

     "Faremo quel che sappiamo fare. Faremo teatro".



Centonove pagine (euro 12) di aneddoti e imprevisti di bordo, un diario che incontra, in due mesi, decine di persone nei centri sociali di Tangeri e Casablanca, con compagnie professioniste a Marrakesh. Con amici, fratelli e sorelle dei loro attori marocchini partiti da Forum Zguid. E infine, varcato il Sahara Occidentale, con gli attori della compagnia di Diol Kadd.
                                                                         
È un viaggio di risalita nel tempo in una terra di origine in cui si dialoga con i morti, in cui il futuro e il passato si tendono le mani, in cui lavorare insieme si dice Takku Ligey.
Il progetto da cui tutto sgorga è Del diluvio e di altre sopravvivenze, coinvolge quattro continenti: Sud America, Africa, Europa, Medio Oriente e tenta di issare un’àncora di salvezza per proteggersi dalle “onde anomale” dell’Occidente.

     "Ovunque piove occidente. […]
Fuori nelle vie della città, nelle vetrine, nelle tv, come una infiltrazione.
Ovunque la stessa roba: l’acqua occidentale.



Piace pensare che il Teatro si faccia arca (come quella di Noè), in grado di accogliere al suo interno le diversità a rischio scomparsa. E allora bisogna ripartire dalla terra. Coltivare e nello stesso tempo scavare nelle proprie radici per ritrovare sé stessi. Sapere da dove veniamo per dare un senso a dove andiamo.
E il teatro? Cerca di essere il luogo di incontro tra origine e generazioni future, agendo in un tempo più vasto e immobile di qualunque tempo storico".

Un libro testimone di ancestrale autenticità in un continente minato nello stesso tempo da oppressioni governative e voglia di vivere. Lo spettacolo lì è politica, luogo di confronto pubblico.
                        
"Qui la collettività, il pubblico, la politica fanno irruzione dentro l’intimo, dentro l’artistico come i soldati dentro le case, lo portano fuori, lo sviscerano, rivoltando il dentro e il fuori e così lo trasfigurano in “figura” politica su cui confrontarsi".

Da qui nasce la ricerca del teatro dello spettatore, in cui il protagonista è chi guarda.
Spesso lo si pensa come un viaggiatore che per conoscersi deve abbandonare i luoghi noti per trovarsi fuori dal ruolo, disambientati, vedere il dentro da fuori e il fuori da dentro, per poi fare ritorno al proprio mondo, ma con un’altra percezione di sé.

     […]"Insomma, ci ho messo tutto l’impegno
A pensarle tutte le cose brutte […]
Perché non mi manchiate troppo.
Il problema è che nell’altro piatto
Basta poggiare una manciata di quelle olive
Mangiate con le mani sul bordo della strada…

     E inondo.

     Buon ritorno".


Angela Sciavilla


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