Uno dei
fondatori della Compagnia del Teatro dell’Argine di San Lazzaro di Savena, di
cui è co-direttore artistico, regista e drammaturgo: Pietro Floridia è protagonista di calamaio e di avventure verso il
Sud Africa di Teatro in viaggio. Lungo
la rotta dei migranti, edizione Nuova S1.
Affiancato
dal Gabo (diminutivo di Gabriele Silva)
e Lando, un fuoristrada coi suoi trent’anni sulle spalle, il regista bolognese
scrive e scrive di sé e dei due suoi amici avventurieri. Con una biro e un quadernetto
conquistano il grande deserto africano, diretti verso Diol Kadd, un villaggio
del Senegal, attraverso Marocco, Mauritiana, Sahara Occidentale sulle tracce
dei migranti respinti o tornati.
Sappiamo che
non è un reportage giornalistico, né una forma di turismo solidale.
"Faremo quel
che sappiamo fare. Faremo teatro".
Centonove
pagine (euro 12) di aneddoti e imprevisti di bordo, un diario che incontra, in
due mesi, decine di persone nei centri sociali di Tangeri e Casablanca, con
compagnie professioniste a Marrakesh. Con amici, fratelli e sorelle dei loro
attori marocchini partiti da Forum Zguid. E infine, varcato il Sahara
Occidentale, con gli attori della compagnia di Diol Kadd.
È un viaggio
di risalita nel tempo in una terra di origine in cui si dialoga con i morti, in
cui il futuro e il passato si tendono le mani, in cui lavorare insieme si dice Takku Ligey.
Il progetto
da cui tutto sgorga è Del diluvio e di
altre sopravvivenze, coinvolge quattro continenti: Sud America, Africa,
Europa, Medio Oriente e tenta di issare un’àncora di salvezza per proteggersi
dalle “onde anomale” dell’Occidente.
"Ovunque
piove occidente. […]
Fuori nelle
vie della città, nelle vetrine, nelle tv, come una infiltrazione.
Ovunque la
stessa roba: l’acqua occidentale.
Piace
pensare che il Teatro si faccia arca (come
quella di Noè), in grado di accogliere al suo interno le diversità a rischio
scomparsa. E allora bisogna ripartire dalla terra. Coltivare e nello stesso
tempo scavare nelle proprie radici per ritrovare sé stessi. Sapere da dove
veniamo per dare un senso a dove andiamo.
E il teatro?
Cerca di essere il luogo di incontro tra origine e generazioni future, agendo
in un tempo più vasto e immobile di qualunque tempo storico".
Un libro testimone
di ancestrale autenticità in un continente minato nello stesso tempo da
oppressioni governative e voglia di vivere. Lo spettacolo lì è politica, luogo
di confronto pubblico.
"Qui la
collettività, il pubblico, la politica fanno irruzione dentro l’intimo, dentro
l’artistico come i soldati dentro le case, lo portano fuori, lo sviscerano,
rivoltando il dentro e il fuori e così lo trasfigurano in “figura” politica su
cui confrontarsi".
Da qui nasce
la ricerca del teatro dello spettatore,
in cui il protagonista è chi guarda.
Spesso lo si
pensa come un viaggiatore che per conoscersi deve abbandonare i luoghi noti per
trovarsi fuori dal ruolo, disambientati, vedere il dentro da fuori e il fuori
da dentro, per poi fare ritorno al proprio mondo, ma con un’altra percezione di
sé.
[…]"Insomma,
ci ho messo tutto l’impegno
A pensarle
tutte le cose brutte […]
Perché non
mi manchiate troppo.
Il problema
è che nell’altro piatto
Basta
poggiare una manciata di quelle olive
Mangiate con
le mani sul bordo della strada…
E inondo.
Buon
ritorno".
Angela
Sciavilla
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