venerdì 1 febbraio 2013

Pas de Deux: il ritratto di due corpi speculari


Affabulazione di corpi. Una scrittura che non si interroga a voce, che si esprime a tratti profondi e gesti istantanei. Due corpi e una sceneggiatura di movimenti. Amore di corpi senza anima e passi che trasudano non vita. L'abitudine a esprimersi attraverso i sensi. Raimund Hoghe presenta in prima nazionale a Teatri di Vita il suo ultimo spettacolo Pas de Deux, accompagnato dal danzatore giapponese Takashi Ueno. Raimund Hoghe è stato per vent'anni drammaturgo e collaboratore di Pina Bausch. Premiato in Germania nel 2008 come miglior danzatore di Tanztheater. In seguito, la poesia corporea di Pier Paolo Pasolini e in particolare il verso gettare il corpo nella lotta, lo ha indirizzato a una ricerca sul linguaggio del corpo.


 Il suo corpo è minuto e segnato da una grave malformazione. Il suo volto contratto ricorda i ritratti di Egon Schiele. Pas de Deux è un'indagine al maschile, nonostante quando si parli di “passo a due” si pensi quasi esclusivamente al balletto classico tra donna e uomo. Una ricerca sofferta e autoironica sulle differenze che conducono al dialogo. Lavorare con Pina Bausch lo ha portato all'accettazione consapevole del suo corpo e delle potenzialità inespresse. Non è teatro di disabilità, non è arte-terapia. La ricerca, che parte dal corpo, ha per finalità l'arte. Due attori con formazioni diverse. Una pièce per due universi differenti ma complementari, due compagni di viaggio, uno alter ego dell'altro, per un medesimo cammino. Uno giovane e giapponese, l'altro anziano e tedesco.


 Uno ha un fisico da danzatore, l'altro no. Sulle musiche di Purcell e Bach lo spettatore si lascia andare a quel dormiveglia che trasforma i segni in sogni. Una fatica per lo sguardo. Si oltrepassa la soglia, quel passaggio dallo stato di veglia al sonno. I sensi si acutizzano. Lo spettatore si addormenta. I movimenti diventano fluidi. Il corpo non è un meccanismo di agglomerati, non è un organismo. Ogni sua parte ha un ritmo personale, un'anima e un significato a sé stante. La mano si muove di vita propria seguita, in contemporanea, da braccio, spalla, gamba destra, gamba sinistra, bacino, viso.


Una sinfonia armonica di espressioni. Non sono previsti toni accesi, nessun gesto sconsiderato. Violenze acustiche di tonfi e tuoni inserite per pungolare lo stato di dormiveglia. Il buio scende all'improvviso, si spengono i riflettori. Rivoli d'acqua scendono le vaste pianure di un braccio teso, il rumore delle gocce sul suolo e i passi nudi. L'attore si spoglia e sembra dire: io sono questo, accettami così. Salti e corse in cerchio, un passo a due e l'affinità che lega i due corpi in uno solo. Una cura minuziosa per i particolari, linee perfettamente rette, passi coordinati, sguardi languidi. L'omaggio a Audrey Hepburn, il disastro di Černobyl' e i movimenti che citano gli insegnamenti di Pina. Uno spettacolo, lo spettacolo, che si assorbe fin dentro le vene, nella pelle, nella mente e nell'anima.
In programmazione giovedì 31 gennaio e venerdì 1 febbraio per i vent'anni di operato di Teatri di Vita (Via Emilia Ponente, 485, Bologna) Info. 051 566330

Angela Grasso

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