Un pannello bianco come fondale, un tavolo coperto da un panno nero e uno arancione, un’atmosfera dal sapore euroasiano: i Laboratori delle Arti rievocano, in parte, l’ambientazione del Raguko, spiegata da un sorridente Maestro Sanyūtei Ryūraku, esperto nella tradizionale arte della narrazione giapponese, il wagei.
foto di Eleonora Rossi |
Indossa un kimono scuro, un soprabito delle stesse tonalità (hahorì) e si inchina di fronte ai ragazzi incuriositi, che scrutano in silenzio. Si inginocchia su un cuscino (zabuton), estrae dal kimono un ventaglio, il sensu e un piccolo asciugamano rettangolare stampato, il tenugui. Con solo questi elementi in scena, il Sensei riesce a ricreare brevi racconti, che si avvicendano anche in diversi ambienti.
Il segreto sta nella mimica facciale e nell’abilità del corpo e delle mani. I gesti sono esagerati, non naturali, per far capire allo spettatore cosa l’attore rappresenti o quale sia l’ambientazione. Movimenti calibrati per non intralciare la narrazione stessa.
Si raccontano spesso scenette comiche tra artigiani e servitori; le storie terminano tutte con l’ochi, in italiano è la caduta, in inglese si potrebbe definire con punchline, una frase che ti colpisce come un pugno, un colpo comico e inaspettato, riducibile ad una sola battuta.
foto di Eleonora Rossi |
La storia narra le vicende di un garzone e del suo padrone. Il garzone viene colto in flagrante mentre mangia un piatto di squisiti fagioli dalla pentola, nabe, e per questo cacciato. Il padrone poi, cade nello stesso vizio dell’inserviente, e per non farsi scoprire da questo, si nasconde in bagno onde evitare la magra figura. Al ritorno il garzone, approfitta dell’assenza del padrone per servirsi un altro piatto, e anch’esso, per non farsi scoprire, va a nascondersi in bagno. Chi c’è lì? Il padrone! Il garzone, si giustifica frettolosamente: “Vi ho portato il bis, signore!”
Gli studenti applaudono compiaciuti.
Dopo una parte introduttiva di esposizione tecnica del Raguko con la sua etichetta, il Sensei ha chiesto un volontario tra i ragazzi per provare qualche movimento.
Con modi gentili e un fare accomodante ha spiegato come, prima del movimento, ci sia l’intenzione: immaginare l’oggetto prima di farlo vedere, calibrare il movimento secondo il suo peso e agire.
L’obiettivo della giornata è mettere in scena tre soli movimenti: scoperchiare la pentola di fagioli, servirsi col cucchiaio e mangiare dal piatto con le bacchette.
Dopo la pausa pranzo, i ragazzi entreranno in azione. Riuscirà il Maestro nel proprio intento?
Tommaso Monaci
Angela Sciavilla
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