Sono trascorsi due anni dalla sua scomparsa, ma Bologna non
ha dimenticato il tanto amato Lucio Dalla. Il Teatro Duse, difatti, ne delizia
il ricordo con uno spettacolo di danza, messo in scena dalla giovane compagnia
del Balletto di Roma, magistralmente incorniciato dalle più celebri canzoni del
compianto cantautore.
Sin dal principio l’atmosfera profonde di una suggestione
tale da credere di essere stati catapultati in un sogno, in un’amabile fantasticheria
che prende vita nelle note più autobiografiche di Lucio Dalla, quelle della
canzone 4 marzo 1943. E la scenografia –un’infinita mole di fogli manoscritti-
contribuisce ulteriormente alla celebrazione di quel piccolo grande uomo che ha
fatto della Parola la ragione della sua incomparabile carriera.
Il medley musicale, realizzato da Roberto Costa, è un
perfetto filo rosso che lega tutta la vita dell’artista bolognese,
ripercorrendo i tortuosi ma affascinanti sentieri dell’Amore, infrangendo
radicati tabù sulla sessualità tout court, sfidando la paura della morte
attraverso i temi del suicidio e dell’esistenza degli angeli. Emozioni su
emozioni che manipolano le movenze dei danzatori per sprigionarsi,
inevitabilmente, nel cuore di ogni spettatore.
È la firma di Milena Zullo a suggellare le danze e la regia
dell’intera performance, che in svariati momenti –anche troppi, in realtà–
scivola in una forma di recitazione parlata dissacrante, consegnando alla
partitura armoniosa di FUTURA, ballando con Lucio l’unica nota stonata. L’intento
della coreografa votava, di certo, a encomiare la sublime poetica del caro Dalla,
ma una più curata dizione e più appassionata interpretazione dei performer ne
avrebbero assicurato il lustro appropriato. Fortunatamente la voce del
cantautore, potente anche attraverso il freddo impianto sonoro, ha soverchiato questa
malsana iniziativa, regalando al pubblico il fascino di quella duttilità canora
mai dissipatasi nelle nebbie del tempo.
E allora l’Eros e Thanatos di Anna e Marco, l’irrefrenabile
bisogno di danzare di Balla balla ballerino, la pluralità dei modi di vivere di
Piazza grande divengono opere d’arte dipinte sui corpi dei danzatori, antologie
di vita quotidiana consacrate all’arte della musa Tersicore. Ma, come di consueto,
il sipario dovrà essere calato e il cast conquisterà i meritati applausi del
pubblico in sala.
Il buon Lucio saluterà, dunque, ancora una volta la sua
Bologna dedicandole il rinomato tributo al maestro Caruso, struggente da
mozzare il fiato e accarezzare l’anima con un genuino te voglio bene assaje.
Visto al Teatro Duse, il 5 marzo 2014
Marco Argentina
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