Il mondo del teatro riesce a trascinarti nel turbine più recondito del tuo Essere attraverso il testo di una drammaturgia, il monologo di un attore o l’immagine di una maschera. Ma quando sei tu in prima persona a calcare il palcoscenico, anche solo in un comune ruolo di figurante, è inevitabile avvertire quella sensazione di protagonista della scena, emanatore d’emozioni profonde e – direi quasi – sovrumane: questo è ciò che è avvenuto nel mio mese di prove e recite della Norma del regista Federico Tiezzi, rappresentata al Teatro Comunale di Bologna dal 13 al 21 aprile 2013.
L’audizione, datata 22 marzo, era rivolta a selezionare dodici figuranti di sesso maschile e quattro di sesso femminile, sulla base di ben specifici connotati fisici e di una minima esperienza recitativa pregressa. Insieme a me vengono selezionati sia ragazzi dalla guizzante corpulenza muscolosa sia uomini di teatro e attori, allievi di prestigiose accademie d’arte drammatica. Ricordo perfettamente il mio stupore di fronte a una totale mancanza di mania di protagonismo e senso di competizione, più volte manifestatisi ai miei occhi nelle passate gare effettuate in ambito coreografico: l’atmosfera permeante il foyer del terzo piano è pari a quella di un focolare domestico, di una piccola famiglia che sta nascendo in quel tiepido mezzogiorno dell’inizio di primavera.
Subito dopo il consueto iter burocratico, legato alla stesura del contratto, ritorniamo al piano terra, attraversando tutto il palcoscenico: i miei occhi si posano su ogni attrezzatura, quinta mobile, luce della ribalta e metro quadro del boccascena, esattamente come quelli di un bimbo sulla vetrina di un negozio di giocattoli e balocchi. Di lì a poco un centimetro da sarta accarezza la maggior parte del mio corpo, definendo le misure perfette per i costumi di scena: i primi passi in questa avventura teatrale bolognese, insomma, sono stati mossi e non rimane che attendere ancora quattro giorni per dare il via all’inizio delle prove.
Nella settimana successiva entro in stretto contatto con l’assistente alla regia Giovanni Scandella e la direttrice di scena Valentina Brunetti, fidati collaboratori del regista Tiezzi, che s’interessano di impartire le nozioni necessarie alla buona riuscita dello spettacolo. Col passare dei giorni mi rendo conto che la loro professionalità travalica le usuali mansioni competenti per trasformarsi in vero e proprio affetto genitoriale nei riguardi di noi giovani figuranti: quelle che inizialmente erano semplici indicazioni direzionali si evolvono in consigli spassionati e piccole confidenze dei cosiddetti “trucchi del mestiere”. Allo svolgimento delle prove fa da sottofondo il pianoforte che, insieme al canto del maestro esecutore, conduce direttamente nell’atmosfera dell’opera, cosicché le qualità interpretative dei figuranti possano essere esercitate sin da subito.
Le ultime due giornate della prima settimana di prove vedono la partecipazione dei cantanti protagonisti, appartenenti sia al primo sia al secondo cast. Il cuore affoga in un’emozione assai profonda quando, a pochi passi da me, compare la famosa Mariella Devia: ricordo ancora il lungo mantello di tulle, adoperato giustappunto per la prova della celeberrima Casta Diva, che la soprano maneggiava con così tanta grazia e naturalezza da dimostrare l’enorme peso di professionalità ed esperienza, gravante sulla minuta e – quasi – gracile statura. Oltre a lei, partecipano alle prove anche i tenori Aquiles Machado e Sergio Escobar (entrambi nel ruolo di Pollione), il basso Sergey Artamonov (nei panni di Oroveso), la soprano Radostina Nikolaeva (la Norma del secondo cast) e, infine, Patrizia Bicciré (soprano interprete della parte di Adalgisa).Superate le vacanze pasquali, le prove hanno luogo direttamente in palcoscenico, dove mi ritrovo a lavorare al fianco delle molteplici figure professionali componenti l’intero gruppo artistico e tecnico dell’opera della Norma: macchinisti, attrezzisti, elettricisti, light designers, maestri di palcoscenico e di scena, maestri del coro, nonché costumisti, sarte e parrucchiere. I tempi di attuazione delle prove di regia sono molto più lunghi, poiché tendono a sincronizzare i movimenti del Coro con le parti recitate dei cantanti, oppure le interpretazioni dei figuranti con i posizionamenti delle luci e delle attrezzature scenografiche. Contemporaneamente, i turni di riposo si dilatano progressivamente, tanto da potermi intrattenere in lunghe e piacevolissime conversazioni coi colleghi figuranti e anche altri professionisti: Massimiliano Briarava, ad esempio, dottore di ricerca del Dams di Bologna, col quale ho frequentemente discusso di teatro e della condizione attuale del Dipartimento delle Arti; Davide Battistelli, direttore di scena del Teatro della Fortuna di Fano e veterano della sezione “mimi e figuranti” del Teatro Comunale di Bologna, che spontaneamente è divenuto il mio mentore personale a proposito dell’organizzazione dello spettacolo lirico o di musica sinfonica. Ma anche Alfonso De Vreese, Paolo Cupido, Luigi Cilli, Giorgia Polloni, Stefania Pascali e Valentina Vandelli, tutti allievi della Scuola di Teatro di Bologna “Alessandra Galante Garrone”, che hanno voluto amichevolmente condividere con me i racconti della loro esperienza attoriale precedente e successiva agli anni di frequenza della suddetta Scuola.
Si avvicinano speditamente le giornate di recita, anticipate dalla messinscena delle due Prove generali, rivolte ad un pubblico gremito di amici, parenti e addetti ai lavori: la tensione sale alle stelle e, dopo diversi anni, torna a dominare sul mio entusiasmo la strizza dei famigerati due minuti prima dell’ingresso in scena, che, in maniera del tutto paradossale, m’infonde – quasi – maggiore sicurezza all’interno dell’azione scenica che presto andrò a performare.
Marco Argentina
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