mercoledì 23 febbraio 2011

Lanzmann : la pellicola che testimonia di una ribellione del popolo ebraico allo sterminio

Spunti di riflessione per una tavola rotonda sul significato della memoria, nella giornata a lei consacrata

Un uomo dalla voce cavernosa e profonda che testimonia dell’unico episodio in cui gli ebrei riuscirono a ribellarsi ai tedeschi in un campo di sterminio: questo è Sobibòr, 14 octobre 1943, 16 heures, film-documentario del regista Claude Lanzmann, noto ai più per la pellicola di nove ore e mezza dal titolo Shoah.
Il 27 gennaio, in occasione della Giornata della Memoria, La Soffitta, centro di promozione teatrale in collaborazione con il Dipartimento di Musica e Spettacolo, ne ha proposto la proiezione presso Palazzo Marescotti.


Il film racconta, attraverso la testimonianza di Yehuda Lerner, la rivolta degli ebrei che, il 14 ottobre del 1943, riuscirono a fuggire dal campo di sterminio in cui erano stati internati.
Lanzmann ha raccolto questa testimonianza nel corso delle riprese per il film Shoah uscito nel 1985 e considerato suo capolavoro.

Al termine della visione è stata proposta una tavola rotonda sul tema dell’opposizione al negazionismo. Il professor De Marinis ha aperto la discussione ponendo l’accento sulla complessità della figura di Lanzmann che, oltre ad essere regista è anche teorico e ideologo dell’irrappresentabilità per immagini dell’Olocausto: l’artista rifiuta i documenti d’archivio in favore della testimonianza diretta delle vittime. Questo rifiuto si colloca in una linea di pensiero che vede come superflue tutte le prove dell’esistenza e delle modalità di attuazione dello sterminio diverse dalle voci dei testimoni oculari. La Shoah, sostiene Lanzmann, ha costituito un nodo della storia talmente crudele da essere indicibile e da non poter essere rappresentata in nessun altro modo se non attraverso i racconti di chi l’ha vissuta. 

De Marinis ci porta a riflettere sul senso della memoria così concepita, in un’epoca che vede scomparire, a poco a poco, tutti i testimoni della tragedia. Sottolinea l’importanza degli storici nel vagliare le testimonianze e nel porle a confronto con le controprove documentarie per ricostruire al meglio gli eventi.
La storica Facchini ci porta a comprendere l’ideologia dominante del film: il regista propone l’iter “disastro – trauma – redenzione” tipico dei testi biblici e della cultura ebraica. L’Olocausto, per la sua tragicità, ha negato al popolo eletto la possibilità di trasformare le pene subite in redenzione. La pellicola, al contrario, recupera un brano di storia che vede come elemento centrale la resistenza degli ebrei, in cui il dolore diviene forza di agire.

I luoghi della memoria sono il tema dominante l’intervento della dottoressa Pesce del Dipartimento di Cinema. Sobibòr oppone ai pellegrinaggi nei siti memoriali un’esperienza di incontro con un testimone. Mentre i luoghi dimenticano e perdono i segni di ciò che è stato, i testimoni ricordano e possono raccontare, portando gli ascoltatori all’immedesimazione. Questa identificazione non conduce alla ricostruzione storica dei fatti, ma piuttosto oppone i buoni ai cattivi in una visione retorica, come sottolinea il professor Bisoni.
Quasi una trasposizione del racconto biblico dello scontro tra Davide e Golia, secondo il professor Fadda che sottolinea, a conclusione dell’incontro, l’importanza della testimonianza e i suoi limiti.

Gli interventi della tavola rotonda ci hanno permesso di porci differenti interrogativi: come continuare ad avere memoria dell’olocausto in funzione del presente? Come non lasciarci travolgere dalle ideologie e dalle necessità politiche di oggi, ma tentare di leggere i fatti storici con la maggiore oggettività possibile? Il film di Lanzmann sembra non aver raggiunto questo equilibrio tra passato e presente. Ci si potrebbe domandare se può esistere una lettura oggettiva o se sempre la ricostruzione storica sia connotata dall’ideologia di chi osserva.
Al termine dell’incontro, durato più di tre ore, i superstiti in platea si contano sulla punta delle dita. Le argomentazioni erano interessanti, ma il pubblico avrebbe gradito un maggiore spirito di sintesi.

 Anna Parisi

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