Romeo
e Giulietta ricalca senza sbavature una storia che
si perpetra da sempre. I genitori scellerati che uccidono i propri figli con
azioni sconsiderate o con il silenzio, con l’inettitudine; i padri che
annientano il futuro della propria prole. È la Storia che fa il suo corso. È l’albero
che pur desiderando la quiete continua a subire i capricci del vento.
In bilico tra due mondi, incrostato di terrestrità e
ricolmo di leggerissimo elio che protende verso il cielo, c’è Mercuzio. Colui
che tenta di sottrarsi alla Storia, colui che tenta con il proprio leggero
pensare di sottrarsi alla pesantezza della vita e di innalzarsi al di sopra
della crosta reale. L’uomo sulla soglia che tende verso l’uscita, che riesce a
vederla con chiarezza e che può testimoniare della presenza di un mondo
diverso. Ma Shakespeare, più realista del re, lo fa morire subito spezzando
ogni possibilità. È qui che interviene Armando Punzo, un Mercuzio in carne e
ossa, che guarda ai margini del testo e decide di aiutare il giovane sognatore
a ribellarsi alla tirannia del padre Shakespeare.
Nasce così il progetto “Mercuzio non vuole morire”.
Progetto di uno spettacolo, in principio, che ha assunto nel tempo contorni
sempre più larghi, configurandosi come una vera e propria corrente di pensiero,
come una religione laica che ha maturato e matura un “fedele” dopo l’altro. Staccatosi
dalla pagina scritta, il personaggio shakespeariano è arrivato in piazza, nelle
case, tra la gente comune. Abbattuta la barriera attore-spettatore, i cittadini
di Volterra e di Pomarance (le prime due cittadine coinvolte direttamente) diventano
interpreti di se stessi, portatori attivi della propria idea di Mercuzio, testimonial
consapevoli della città che si rinnova, che ritrova il coraggio di sognare e di
credere nella possibilità di un’ idea, di un pensiero.
È un lavoro che, pur rintracciando le proprie
fondamenta nell’uomo tout court inteso come entità filosofica sganciata da ogni
riferimento spazio temporale preciso, giunge in un momento specifico, a ridosso
di una fase storica complicata, aderendo con schiettezza assoluta alla
contemporaneità e caricandosi inevitabilmente di altri significati.
Immaginiamo la vita contemporanea come un’enorme
serra in cui proliferano vite immerse in uno spazio che, da un punto di vista
relativo, appare sconfinato e aperto ma che, a uno sguardo d’insieme, rivela
una cappa che lo ingloba completamente. Che ricopre singolarmente ciascun
individuo intrappolandolo in una gabbia di vetro.
Nello spazio-tempo quotidiano, la vita scorre
scandita dai ritmi di un meccanismo che regola i comportamenti e i pensieri
degli individui. La diabolicità di questo meccanismo risiede nella sua
invisibilità, nell’impossibilità, cioè, da parte di chi è assorbito nella sua
orbita, di accorgersi di essere contenuto in questa scatola trasparente.
Mercurio spezza il legame con il livello ordinario
della vita, si cala in una dimensione extra-ordinaria, e così i contorni della
ragnatela assumono consistenza, si definiscono in tutto il loro subdolo potere
avvolgente. Partendo, con la sua valigia di sogni, dal carcere di Volterra,
espande per cerchi concentrici il suo potere verso nuovi spazi. “Ciò che
avviene in carcere è un bozzetto, un’azione magica che s’irradia all’esterno” spiega
Punzo.
Mercuzio, allevato nel crogiuolo di una comunità
ristretta, carica il suo bagaglio di leggerezza e si mette in viaggio verso altre
comunità, come un’onda morbida, che s’insinua negli interstizi. Non è una moda.
Non si diffonde in pochi istanti, non travolge, non si esaurisce. È un fluire
lento, fatto di parole, d’incontri, di chiarimenti, di discussioni. Una
modalità di pensiero che affonda le sue radici in profondità, o meglio, che riscopre
radici profonde. Mercuzio è uno scultore che, rimuovendo parola dopo parola
scaglie di marmo, levigando, porta alla luce, dal freddo blocco di marmo, un’opera
che esiste già, un nucleo caldo sopito, anestetizzato.
La metafora non è azzardata: “Mercuzio c’è già in
ognuno di noi” dice Punzo “è la realtà concreta che lo nasconde, sono le pietre
della città che lo rendono invisibile, pietrificando anche gli uomini”. Mercuzio,
dunque, non aggiunge nulla, non impone in positivo. Rivela, scopre. Opera sul
materiale vivo della coscienza inducendo uno sgorgamento spontaneo del pensiero.
Il giovane viaggiatore si assume il compito di
scrostare la patina che avvolge la vita, di rimuovere lo strato ovattato che
inibisce la capacità di sognare, di elevarsi due metri dal suolo, di immaginare
nuove possibilità.
Il lavoro di Punzo
consiste, soprattutto, nell’aiutare Mercuzio a trovare compagni di viaggio che
lo aiutino ad arrivare sempre più lontano. A trasformare quei tre o quattro
cittadini inerti del testo di Shakespeare in una massa travolgente. Un viaggio solitario, più facile da gestire, significherebbe sferrare
il terzo colpo a Mercuzio. Quello definitivo. E' un’avventura rischiosa, senza dubbio, ma necessaria. D'altronde la Compagnia della Fortezza ci ha abituato a questo ed altro.
Rossella Menna
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