Sconcerto è anzitutto uno spettacolo teatrale ma non è fatto di sole parole. Nella drammaturgia compartecipano allo stesso livello musica e poesia: dove l’una si ferma l’altra interviene. La musica non è accompagnamento, né sottofondo, ma anch’essa, a suo modo con i suoi propri mezzi espressivi, ci racconta.
In scena compaiono un'orchestra e il suo direttore. Ma il direttore non dirige alcunché. E' preso da ben altri crucci e tormenti, a cominciare dal desiderio spasmodico di provare a mettere ordine nella propria testa, attraversata come un fiume in piena dai più diversi e contrastanti pensieri, sensazioni, emozioni, malumori e fantasie. Questo flusso verbale continuo, che ospita il caotico vorticare del mondo, dà voce nella sua totale nudità a quella perdita di senso e direzione in cui tutti ci sentiamo precipitati, perdita qui rimarcata dall'andamento acefalo dell'organico strumentale.Si succedono e si scontrano tra loro le parole spesso inservibili del passato con il linguaggio totalmente irrelato del presente. E da questo costante cortocircuito, da questo allucinato paesaggio di rovine a un tempo grottesco e doloroso, affiorano continui baluginii di commozione, coraggio, tenerezza, umorismo, indignazione, cui fanno immancabilmente seguito frustrazione, spaesamento, stallo, disillusione.
La musica investe con la sua montante onda sonora questo doppio movimento della parola, a volte accompagnandola nel suo tragitto e indicandole una possibile via di uscita, altre contrapponendosi ad essa o addirittura negandola in toto. Quasi che soltanto la forma musicale possa ambire ad arrivare là dove non giunge un'espressione verbale in crescente affanno.
Più che un personaggio, dotato di una sua precisa psicologia e di un'altrettanto precisa biografia, il direttore-attore risulta essere il pretestuoso ventriloquo dei nostri giorni. La sua voce e il suo corpo danno forma e sostanza a un gesto teatrale estremo, teso a collegare, per quanto ancora possibile, gli universi impersonali della poesia e della musica.
Toni Servillo è il protagonista e il regista dello spettacolo inaugurale della stagione 2011-2012 dell’Arena del Sole, scritto da Franco Marcoaldi, uno dei più apprezzati poeti italiani, e musicato da Giorgio Battistelli, compositore a cui il Teatro alla Scala ha commissionato per il 2013 una nuova opera.
L’orchestra è la Filarmonica del Teatro Comunale di Bologna che suonerà dal vivo dall’inzio alla fine e sarà diretta da Marco Lena. Tra i professori d’orchestra c’è un altro personaggio che emergerà lentamente e sarà interpretato da Peppe Servillo, storico componente degli Avion Travel.
“Dopo Auschwitz non è più possibile la poesia”. Sarà vero?
20, 21, 22 ottobre, Arena del Sole, Sala Grande
Josella Calantropo
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