Certo quando il regista parla di luogo e di istituzione si riferisce al carcere di Volterra e al teatro che la Compagnia della Fortezza da 23 anni svolge all’interno della prigione medicea, ma il 28 ottobre di quest’anno la Compagnia si è spostata in un’altra “fortezza” rinascimentale: il teatro Olimpico di Vicenza. L’austero monumento progettato da Andrea Palladio, per riformare il teatro, ha accolto gli attori-detenuti di Volterra con lo spettacolo Hamlice-saggio sulla fine di una civiltà. E allora, forse è evidente, entrambi gli artisti a più di 400 anni di distanza sono motivati dalla stessa esigenza: costruire una città ideale.
Ma Armando Punzo e i suoi fanno esplodere la perfezione e la proporzione della bellezza immaginata dai maestri architetti cinquecenteschi e fanno letteralmente rivivere la prospettiva impolverata. Nello spettacolo della Fortezza i dubbi amletici si mescolano con la freschezza e l’anarchia del mondo di Alice: drag queens e Bianconiglio assediano il proscenio palladiano per gridare ancora una volta “Addio non-essere!” è la rivolta delle parole. I personaggi (forse mostruosi) vogliono riappropriarsi del proprio destino, prendere in mano la loro vita e portarla in un’altra direzione. Amleto non ha più dubbi, si cercano altre parole, altri modi e altri mondi.
In una versione completamente riadattata per dialogare con il teatro Olimpico, la scenografia viene dimezzata e gli attori su stivali di vernice nera e bianca con zeppe e tacchi vertiginosi si muovono tra proscenio e sala, si siedono accanto al pubblico e lo fissano negli occhi sfidandolo ad abbassare per primo lo sguardo.

Le foto sono di Carlo Gattai e di Massimo Marino.
Josella Calantropo
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