sabato 2 aprile 2011

Incontri con gli artisiti

Il fascino dark della voce
Conversazione con Ermanna Montanari


Rosolino e Basile incontrano, per voi, la nota prima attrice del Teatro delle Albe, Ermanna Montanari, all’interno del piccolo teatro dei laboratori DMS di via Azzo Gardino.  L’artista  ci riceve al termine  di una tavola rotonda alla quale, coadiuvata dall’amica docente Laura Mariani, ha partecipato condividendo la sua riflessione sul tema dell’attrice  impegnata a dar corpo ad un personaggio maschile. Timidamente  ci affianchiamo a lei e subito notiamo aprirsi, sul quel viso d’immenso biancore, un  sorriso. Anche in questa occasione la Montanari asseconda il suo stile Dark: i lunghi capelli neri sciolti sulle spalle, una giacca dal taglio aderente anch’essa nera, top nero, jeans, e ai piedi gli immancabili stivali “cavallini” di pelle nera.  Le sorridiamo ingenuamente e confortati dalla bella presentazione che la Mariani ci accorda cominciamo la nostra intervista.



Dal 8 al 17 luglio di quest’anno lei sarà la direttrice artistica del festival di Sant’Arcangelo. Che tipo di poetica  e di organizzazione desidera conferire all’evento?
 Questo triennio del Festival di Sant’ Arcangelo, che vado a coronare con il mio intervento di direttrice artistica, è stato fortemente segnato dal passaggio dei miei predecessori. Chiara (Guidi, ndr) e Enrico (Casagrande, ndr) pur essendo artisti molto diversi nelle poetiche  hanno creato in questi due anni per il festival un'unica omogenea energia vitale. Dal canto mio cercherò di essere all’altezza nell’accogliere e abbracciare nel modo migliore quest’energia. Il tema sul quale porrò l’accento sarà la figura dell’attore; questo “fascio di nervi” che vaga nella nostra società; l’attore come parola baratro e desueta, che non indica niente di nuovo ma sulla quale,  tuttavia, ci si continua a interrogare prepotentemente da millenni. Tra gli artisti scelti, alcuni mettono al centro la questione dell’attore altri invece pongono la questione dell’attore come dato e base di ricerca. Poi sarà presente tutta una parte corale che invaderà le strade, le piazze e le scalinate di Sant’Arcangelo e che verrà irradiata dalla figura di una poetessa-performer: Mariangela Gualtieri. Sarà lei che darà, ogni sera,  il suo incipit al festival dall’alto della torre campanaria. Questo conferirà un andamento ascensionale alla parola poetica in un netto contrasto con la parola quotidiana.  Parola che, a mio avviso, è diventata solo di potere ed è stata denudata dalla sua concretezza.

Che ricordi ha dellavveniristico spettacolo I Polacchi tratto dallUbu Roi di Jarry?
 Ricordo il desiderio di Marco (Martinelli, ndr), di mantenere il canovaccio de I Polacchi. Un testo che Jarry aveva inventato con i suoi compagni di classe. Sono stati così conservati i tre personaggi principali: Padre Ubu,  Madre Ubu e Bordure. Tre figure chiave da cui si irradia tutta la vicenda e da cui affiora il coro dei  Palotini (tutti adolescenti di sesso maschile, ndr). Ogni volta,  a seconda dei luoghi dove abbiamo agito (a Ravenna, Scampia, Chicago e in Senegal, ndr), questi giovani hanno dato il loro personalissimo contributo allo spettacolo. Con il proprio sentimento estetico e artistico  i ragazzi, nostri collaboratori in quellesperienza, sono intervenuti attivamente nella creazione della messa in scena. Lapprocciarsi con ladolescenza è stato per noi un importantissimo  confronto con il  sociale, ma il teatro è socialità, cosi come lo è questa stessa intervista.

Qualche curiosità su Rosvita. Quali sono stati gli aspetti drammaturgici nella produzione di questa monaca autrice che più lhanno interessata e coinvolta?
Direi tutti; lultimo lavoro su Rosvita si basa su tutto il corpus di questi drammetti. Tutti questi sono stati da me raccolti intarsiati e riscritti. Ho voluto poi intitolarlo proprio Rosvita poiché tutta questa riscrittura è diventata un corpo. Lho riasciugata delle questioni che erano più di quel tempo che non del nostro. Restava viva la questione religiosa che Rosvita pone e che,  secondo me, è praticamente immutata.  Altresì è messa in luce la questione del femminile che prende piede dalla mesta ma ironica lettera che ella scrive ai grandi dotti dellepoca, e nella quale chiede un rimbalzo intellettuale, essendo lei una delle più grandi intellettuali del suo tempo. C’è una grandissima ironia nella Rosvita medioevale ma persiste anche in questa mia Rosvita teatrale: sulla scena si vede una donna in una zatterina che, in qualche modo, pone in essere una questione etico-religiosa e assolutamente femminile. E poi c’è Diocleziano il tiranno, che Rosvita stessa allepoca impersonava, e che io ho voluto tenere come riferimento agli attuali Diocleziani del Maghreb e della Libia che per fortuna adesso stanno cadendo. (Sorride compiaciuta)

Con Marco Martinelli siete sposati ormai dal 1977.  Le istanze della compagnia hanno avuto sempre una larga influenza sul vostro rapporto, siete più spesso andati daccordo o in disaccordo sulle scelte artistiche?
Questa domanda sarebbe tanto piaciuta a Marco (ride divertita e spostando i capelli con un gesto rapido del capo, intreccia le dita delle due mani e le porta al petto) Non è che si possa parlare di accordo o disaccordo; se non fossimo daccordo non ci sarebbero le Albe. Non è la parola giusta, cosa accade: ogni volta che a uno dei due scaturisce unidea o una questione ebbene questa è subito abbracciata poiché nel quotidiano il suo percorso è già preparato. Quando si crea insieme, ovviamente non è tutto rose e fiori, ma non è neanche una questione di accordo o disaccordo, è più un combattimento sulla questione che un determinato lavoro può porre.  Tutto ciò riesce a fiorire grazie anche a una visione artistica comune, unitaria. In ogni cosa si vuol arrivare a una qualità somma; dunque il combattimento tendenzialmente è volto anche a quellultimo fine e nel perseguirlo a poco a poco si trasforma in  un abbraccio. È un po come nellatto amoroso...(quasi con ritrosia) insomma...nellatto sessuale; la stessa identica cosa. E noi siamo dei combattenti nella vita come nellarte. Del resto quel che cerchiamo deve essere alchemicamente organico e plausibile. Non ci sono visioni diverse, gli artisti che hanno visioni diverse stanno in compagnie diverse. Poi ognuno può porre degli accenti: come Marco ha fatto allorquando si è rapportato agli adolescenti di Scampia per i Polacchi o come ho fatto io con le sperimentazioni sulla vocalità in Rosvita. E con umiltà ci siamo, comunque,  sempre reciprocamente avvicinati luno ai lavori dellaltro per cucirne gli orli.

Ci dona una riflessione sulle tecniche vocali che adopera in rapporto ai suoi personaggi?
La  mia voce è questa...  bisogna rispondere però vocalmente ad ogni lavoro; per esempio per Madre Ubu lartificio vocale era grandissimo; lei cercava di ammaliare la stupidità di Padre Ubu per mezzo di una voce melliflua che io pensavo associata alla ceramica. Ma in lei conviveva altresì la voce di gufo. Era una figura cinica, sulfurea, terrificante e  mostruosa nonostante il suo biancore. Prende piede da lei una  certa continuità con alcune voci che si possono trovare in Rosvita.


 Ermanna Montanari ci guarda quasi con tenerezza ed esclama: Dunque siete dei grandi lavoratori, per fare queste cose ci vuole grande pazienza e determinazione io e la mia collega rispondiamo quasi allunisono: “è stato davvero un grande piacere prendiamo questi impegni come un divertimento, non siamo mica dei professionisti

Enrico Rosolino e Mariangela Basile.

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